
Faccio parte di un book-club femminista e l’ultimo libro che abbiamo letto è stato “Kim Jiyoung, nata nel 1982”, un romanzo della scrittrice coreana Cho Nam-Joo. Uscito nel 2016, ha fatto parlare il mondo, poiché ha sollevato questioni legate alla misoginia e all’oppressione che le donne ancora oggi subiscono nella società, in Corea e nel mondo.
Il libro narra della vita della giovane Kim Jiyoung – o Jiyoung, semplicemente. Attraverso le esperienze di questa donna, capiamo le discriminazioni e il sessismo che ancora oggi sono impregnati nella società, non solo coreana. L’autrice, in questo libro, ha raccontato in parte la sua personale esperienza di vita. Cho Nam-Joo, tra le altre cose, lavorava nella televisione e ha dovuto abbandonare il suo lavoro, che amava profondamente, nel momento in cui è diventata madre.
Senza farvi troppi spoiler, la vita di Jiyoung può sembrare “banale”. C’è da dire che la prosa molto asciutta e disadorna contribuisce a farla sembrare tale. Nata all’inizio degli anni Ottanta da una famiglia né ricca, né povera, Jiyoung conosce il sessismo sin da piccolissima, come molte di noi. Quando il bambino che è il suo compagno di banco a scuola le fa i dispetti e le viene detto che lo fa perché in realtà ha una cotta per lei, per esempio.
Crescendo, Jiyoung prende ancora più consapevolezza di quanto sia più difficile la vita delle donne rispetto a quella degli uomini. Quanto sia più difficile essere assunta rispetto a un uomo, per esempio, nonostante si sia in possesso dello stesso titolo di studio. Stiamo parlando dell’inizio del ventunesimo secolo in Corea, ma questi discorsi sono ancora molto attuali, in tante parti del mondo.
Le discriminazioni sul luogo di lavoro sono purtroppo qualcosa che Jiyoung incontra spesso. C’é un episodio del libro che mi ha particolarmente scossa e penso riassuma bene l’avvilimento e l’umiliazione che le donne subiscono ogni giorno. Jiyoung si trovava ad una cena aziendale, dove c’erano molti più uomini che donne, come potrete immaginare. Viene invitata a bere alcool e lei accetta. Molti uomini approfittano del fatto che lei sia un po’ ubriaca per toccarla in modo inappropriato o farle delle avance.
Ad un certo punto della serata uno dei capi, anche lui ubriaco, risponde al telefono. Subito dopo si scusa con il gruppo dicendo: “Mia figlia va all’università proprio qui di fianco. Stava studiando in biblioteca, ma visto che è sera tardi ha paura di tornare a casa da sola e mi ha chiesto di riaccompagnarla. Scusate, ma devo andare. Signorina Jiyoung, mi raccomando, finisca quella birra!”. La prima cosa che Jiyoung ha pensato è stata che tra qualche anno anche la figlia del direttore si troverà esattamente nella sua stessa situazione. A meno che le persone come lui non smettano di trattare le donne in questo modo.
É un libro così “semplice” da essere angosciante, frustrante, ma allo stesso tempo potente e toccante. Uno di quei libri che bisognerebbe far leggere a scuola, perché fa davvero riflettere su tutte le discriminazioni e le violenze giornaliere che le donne sono costrette a subire solo per essere tali. La vita di Jiyoung non è diversa dalla nostra. Scandita da commenti inappropriati, toccatine “innocenti”, paura di tornare sola la sera, ma soprattutto la consapevolezza che essere donna prevede prendere delle scelte che gli uomini non capiranno mai. Una fra tutte, quella tra maternità e carriera.
Il libro è breve, ma una parte importante del libro è dedicata proprio alla maternità. Jiyoung a un certo punto della sua vita si sposa e sa che prima o poi avrà dei figli, non tanto perché li voglia veramente, ma perché è ciò che la società immagina per lei. Prima di diventare mamma, Jiyoung riflette su tutto ciò a cui dovrà rinunciare: la sua carriera, la sua vita sociale, il tempo per lei. La sua vita ruoterà attorno alla prole, senza se e senza ma.
Un giorno, prima di rimanere incinta, lei e il marito stanno discutendo dei piani futuri e di come organizzeranno la loro vita una volta che ci sarà un bambino. Jiyoung confessa di avere un po’ di ansia per via di tutto ciò a cui dovrà rinunciare: il marito, invece, a cosa dovrà rinunciare? Come cambia la vita degli uomini quando diventano padri, se il fardello di avere un figlio e crescerlo ricade ancora – purtroppo e quasi sempre – sulle donne?
Jiyoung potrebbe essere chiunque: io o te potremmo essere lei, le sue sofferenze sono riconoscibili ovunque. E questa cosa non consola, in questo caso a mio parere non vale il proverbio “mal comune mezzo gaudio”. Anzi, prevalgono la frustrazione e la rabbia, ma anche la volontà di rendere il posto migliore. Dobbiamo impegnarci a creare una società più femminista e far sì che le storie come quelle di Jiyoung siano solo un lontano ricordo. Per le nostre amiche, per le nostre sorelle, per le nostre figlie, per le nostre nipoti, per noi.