Copertina de La cerimonia della vita di Murata Sayaka

Normalità (?): La cerimonia della vita di Murata Sayaka

Il Devoto-Oli scansa ogni dubbio.

Norma: (nòrma) s.f.

ETIMO Dal lat. norma ‘squadra’

  1. Regola di condotta che ha per fine di guidare il comportamento morale, sociale, giuridico dei singoli e della collettività, di stabilire un modo condiviso di compiere una determinata azione, di indicare i procedimenti da seguire in un’attività pratica.
  2. Consuetudine, comportamento che nel tempo diventa abituale.

Le norme (le regole, i modelli, ecc) regolano la società negli aspetti più disparati, in tutti gli ambiti: dall’istruzione all’ordinamento giuridico, dal codice della strada alla cucina.

Da da questa parola ne deriva un’altra:

Normale: (nòr·ma·le) agg., s.

ETIMO Dal lat. normalis ‘perpendicolare’, der. di norma ‘squadra’

Conforme alla consuetudine e alla generalità; regolare, usuale, abituale.

Quindi, la normalità è l’insieme di norme conformi a una consuetudine alla quale siamo abituati con il fine di guidare il comportamento di coloro che fanno parte del gruppo dipendente da queste norme. Anche quando non rispecchiano tutti i membri di tale gruppo.

È ne “La cerimonia della vita” che Murata Sayaka continua a spiazzare i suoi lettori creando mondi paralleli in cui le norme sono poggiate su pilastri totalmente diversi dai nostri e non ha paura di osare.

Se in “Parti e omicidi” ha rivoluzionato l’idea di maternità, ne “La ragazza del convenience store” ha racchiuso in un piccolo universo l’esempio estremo della stessa normalità, e ne “I terrestri” ci fa vivere con intensità l’anormalità di sopravvivenza creata dai suoi personaggi principali, qui Murata Sayaka si spinge oltre.

“La cerimonia della vita” mostra una serie di mondi surreali in cui le norme che conosciamo non esistono più e fanno spazio ad altri equilibri e squilibri. Qualcosa che a tratti risulta addirittura intollerabile per noi che viviamo da questa parte del possibile. È un gioco pericoloso, ma Murata Sayaka si rivela mad hatter d’eccellenza, invitandoci a ragionare su identità e ideali che la società ancora fatica ad accettare. E lo fa comprandoci il biglietto per la casa degli orrori del più stupefacente dei luna park.

«No» ribatté lui senza esitare, scuotendo la testa. «Perché secondo me anche la cosiddetta normalità è una sorta di pazzia. E la nostra società chiama “normalità” quel preciso tipo di follia»

Ognuna di queste dodici storie sfida un’idea condivisa di normalità (anche se faccio fatica a utilizzare questa parola e anche sul “condivisa” ho qualche perplessità). C’è chi si innamora di una tenda, chi considera di gran classe l’abbigliamento realizzato con capelli umani, chi prepara con devozione ricette specifiche per cucinarsi. Già.

Ma ad un certo punto mi è sembrato di scorgere il ghigno della scrittrice e di arrivare al perché di tutto questo. È stato il momento in cui non sono più riuscita a smettere di pensarci. Se la norma confortevole è consuetudine, cosa ci impedisce l’accesso ad altre consuetudini, oltre a quella sensazione momentanea di capogiro? Quanto mai ci vorrà a liberarci dall’abitudine in virtù di una nuova?

E alla fine era giunta a una conclusione triste e ineluttabile: la maggior parte della gente, di fronte a ciò che era considerato fuori dalla norma, reagiva in modo superficiale, crudele e arrogante.

Buona lettura.

La cerimonia della vita, di Murata Sayaka.

Murata Sayaka è nata nel 1979 nella prefettura di Chiba. Debutta come scrittrice nel 2003 con il racconto Junyū (L’allattamento) che riceve il Gunzō Prize for New Writers. Nel 2009 si aggiudica il Noma Literary Prize for New Authors con Gin iro no uta (La canzone d’argento). Nel 2013 il Premio Mishima con Shiro iro no machi no, sono hone no taion no (Il bianco della città, delle ossa e della temperatura corporea). Nel 2016 attira a sé le luci dei riflettori con il brillante La ragazza del convenience store (Edizioni E/O 2018), vincitore del Premio Akutagawa.

Tradotto in italiano da Gianluca Coci.

Picture of Alessandra Marrucci

Alessandra Marrucci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

Serve ancora parlare di donne nelle STEM?

Senza Categoria

La nostra rivoluzione

Attualità, Femminismo, Storia

Visual storytelling negli autoritratti di Iness Rychlik

Arte

L’odierna esaltazione dell’infelicità

Attualità

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Leonora Carrington e l’arte onirica

“Design al femminile – il progetto Sensibile” intervista a Maria Christina Hamel

Tessere le proprie origini: Olga De Amaral