In questi giorni, con le notizie di femminicidi che si accavallano l’uno all’altro, ho la sensazione di non riuscire a pensare ad altro. So di non essere l’unica, purtroppo. Sento di avere il bisogno di scriverne per esorcizzare il terrore che provo. Avevo già scritto di violenza di genere in precedenza, ma ho la necessità difarlo ancora. Non sono un’esperta di violenza di genere o una studiosa di femminismo, ma mi sento legittimata a parlarne a modo mio, anche solo per il fatto di essere donna. Ho voglia di condividere il mio stato d’animo e i miei pensieri. Forse per sentirmi meno sola, forse per far sentire meno sola qualcun’altra.
Ogni volta che sento la notizia di un nuovo femminicidio, c’è un’emozione diversa che prevale in me. Delle volte è la rabbia, come scrivevo nell’articolo precedente, delle volte è lo sconforto, delle volte è la tristezza, delle volte è l’angoscia. Delle volte, come questa, è la paura. Si tratta di una paura che mi immobilizza e mi fa sentire in pericolo. La stessa paura che ho provato tante altre volte quando torno a casa da sola la sera, ad esempio, o quanto un uomo non mi leva gli occhi di dosso. La mia paura deriva dal fatto che se io sono ancora viva o se tu, che stai leggendo, lo sei, è solamente una questione di fortuna.
Nessuna di noi è immune dalla violenza di un uomo e chiunque potrebbe essere uccisa per aver detto di no. Ciò che mi spaventa ancora di più di questo, è il fatto che io stia perdendo ogni barlume di speranza per il futuro. Sto, purtroppo, diventando molto più diffidente e pessimista. Mi rendo conto che il tono delle mie parole sia molto cupo, ma non ho intenzione di scusarmi per questo. Purtroppo faccio fatica a trovare una soluzione a questo problema radicale, ovvero la mascolinità tossica che porta a compiere gesti estremi come l’omicidio.
La violenza di genere ha origine molto prima della morte. L’ho già detto e lo ripeto: è compito di ognuna di noi farsi portavoce, denunciare, difendere. Vorrei deresponsabilizzarmi, togliermi questo peso dalle spalle, ma non è possibile. È certamente – e principalmente – compito delle istituzioni educare e far luce sulle radici della violenza di genere, ed è sicuramente così, ma noi possiamo fare da cassa di risonanza.
La violenza di genere deriva dal fatto che gli uomini non vedono le donne come persone, a mio avviso. Molto, troppo spesso, le donne sono considerate degli involucri, degli oggetti da possedere e collezionare. Non siamo considerate degne di rispetto e di considerazione. È questo che porta a gesti estremi, non il rifiuto o i cuori infranti. Carlotta Vagnoli, in uno dei suoi ultimi post su Instagram, dice più o meno la stessa cosa. Ve la cito, nel caso in cui ve la siate persa:
“C’entrano la rabbia verso le donne, l’incapacità di accogliere un no, il soffocante spauracchio della virilità lesa, l’idea che i corpi femminili siano oggetti da possedere, l’idea che quei corpi siano ‘miei o di nessun’altro’ ”.
È necessaria un’educazione affettiva e sessuale che getti le basi per lo sradicamento del sistema patriarcale. Parallelamente, è compito nostro intervenire per tutelare le donne, ogni volta che vediamo un uomo che importuna una donna per la strada, ogni volta che un uomo pratica violenza verbale o alza la voce, ogni volta che una persona fa un commento sessista, ogni volta che un uomo si permette di toccare una donna senza che lei lo voglia.
Potevamo essere io o te, morte pugnalate come Ilaria Sula o Sara Campanella. Loro erano ragazze come noi, con i loro desideri, il loro lavoro dei sogni, il loro viaggio del cuore, il loro gusto di gelato preferito e la loro canzone che ascoltavano quando si sentivano giù di morale.
Vivere con la consapevolezza che avrei potuto essere loro è molto angosciante. Perché io posso ancora andare a fare una passeggiata al parco, sorseggiare il caffè la mattina e sentire il sole sul mio viso, mentre loro no? Penso a loro e a tante altre donne che sono state violentate, picchiate, uccise, massacrate, come se fossero delle amiche o delle sorelle. Il fatto che non le conoscessi personalmente non ha alcuna importanza.