Ad alcune di loro è stato permesso di fare la storia, a moltissime altre la storia è stata rubata, nascosta, impedita. Certe sono state riconsiderate e riscoperte dopo anni, ad altre questo privilegio ancora non è stato accordato.
In un mio articolo precedente (Donne e Damnatio Memoriae) scrivevo di quanto le donne conoscano bene il significato della parola oblio e dell’esperienza di sentirsi cancellate dalla storia, che è una storia maschile, ma non solo per mezzo della violenza fisica (stupri, abusi, femminicidi). Questa volta mi concentrerò su una violenza un po’ diversa, più sottile.
Ma dimmi, come ti fa sentire?
Come ti senti quando un’altra persona vive i meriti per un lavoro che hai svolto tu? Come ti senti quando ti vengono sottratti i risultati di ricerche che ti sono costati fatica e che vorresti vedere riconosciuti con il tuo nome? O quando una persona a te vicina non ti rende partecipe? Ti senti molto arrabbiato, frustrato, sicuramente anche risentito, sai comprendere che ciò che hai subito è un’ingiustizia.
Quanto è ampio il disagio che percepisci nel momento in cui capisci che un qualcosa ti viene tolto, anche senza che tu te ne renda conto in nome di una convinzione persistente delle tue incapacità?
E tutto questo non da qualcuno più abile di te, ma da un tuo collega uomo, da tuo marito addirittura. Nella convinzione che il tuo lavoro, in quanto donna, non sia valido questo tutela gli uomini nel rubare le ricerche delle donne. E senza ricevere alcuna contestazione sociale. Questo fenomeno è definito Effetto Matilda.
Origine del termine
L’Effetto Matilda descrive la disparità che avviene in campo scientifico. Rappresenta la condizione per la quale, per un’errata credenza d’inferiorità femminile, il lavoro di ricerca compiuto da una donna è attribuito ad un uomo. Anche se non sempre consapevole, il bias sessista influenza il modo in cui una persona interagisce con un individuo di sesso opposto. Per la nostra mente, per il modo in cui ci relazioniamo agli altri ed i ruoli che abbiamo imparato, risulta più semplice e meno faticoso appoggiarsi a schemi mentali già costruiti. Ed è anche per questo che, facilmente, si attribuiscono più volentieri alle donne invenzioni come la lavastoviglie, il telaio, cose che hanno a che fare con il ruolo della donna che ho io nella mia testa e che si dimostra coerente.
Perfettamente sensato, se non profondamente sbagliato perché proviene da un’infondata convinzione delle donne come esseri inferiori, manchevoli di abilità fisiche, scientifiche, filosofiche e così via. La lista delle loro mancanze è lunga, seppure per tutta la storia ci siano stati esempi di grande valore femminile; ancor maggiore perchè germogliato e cresciuto in un contesto sociale che lo sopprimeva. Le conseguenze di questo fenomeno sociale sono tragiche:
- Minimizzazione dei risultati delle scienziate.
- Mancanza di riconoscimenti pubblici.
- Pubblicazioni non riconosciute.
E’ la manifestazione concreta della disuguaglianza di genere, che persiste in ambito accademico e professionale. Il termine venne proposto nel 1993 dalla storica della scienza Margaret Rossiter e fa riferimento alla suffragetta che per prima denunciò l’appropriazione maschile delle scoperte fatte da donne: Matilda Joslyn Gage. Gage aprì il vaso di Pandora, che nascondeva matematiche, chimiche, fisiche, ma anche artiste, scrittrici e avvocate. Una lista di donne soggette alla sistematica esclusione e negazione del loro contributo ala ricerca scientifica. Studiando biografie, premi Nobel, dati e nomination si rese conto di come le storie delle scienziate sono state sistematicamente escluse dal mondo scientifico. Pregiudizi, schemi sociali, scarsa indipendenza sociale ed economica tutti fattori che limitarono la loro possibilità di scelta e azione e per i quali furono gli uomini a ricevere i premi.
Derubate
In ordine cronologico, qualche nome e storia di alcune di queste importanti donne.
Mileva Maric 1875-1948
Considerata oggi da alcuni la madre della teoria della relatività, da anni si è messo in discussione il suo ruolo negli studi del marito Albert Einstein. Seppure documentazioni originali siano andate perdute, dalle loro lettere personali traspare il dubbio che la fisica serba collaborasse attivamente alle ricerche, soprattutto perché aiutare la carriera del marito significava aiutare la famiglia con i guadagni. Alla sua morte, non aveva ricevuto nessun riconoscimento per la sua carriera scientifica, ma solo il denaro. I biografi concordano sul fatto che Mileva Marić abbia dato priorità alla divulgazione delle sue teorie scientifiche piuttosto che al riconoscimento del suo apporto. Visti i pregiudizi dell’epoca contro le donne, una pubblicazione cofirmata da una donna avrebbe potuto avere meno peso, per cui alcuni storici ritengono che Mileva stessa abbia deciso di non far comparire il suo nome nel documento.
Lisa Meitner, 1878-1968
Fisica oggi conosciuta per i suoi lavori riguardo la radioattività e la fisica nucleare. Collaborò con il chimico Otto Hahn, lavorava nel di lui laboratorio come ospite non pagato. Nonostante la sua scoperta della fissione nucleare fu Hahn a ricevere il Premio Nobel per la Chimica. Il suo nome non venne mai menzionato dal collega.
Alice Augusta Ball, 1892-1916
Prima donna afroamericana laureatosi in chimica all’Università delle Hawaii, la sua carriera di ricerca proseguì lì dove fu in grado, con l’aiuto del dottor Hollmann, di sviluppare un metodo per isolare i principi attivi dell’olio di chaulmoogra utilizzato nel trattamento del morbo di Hansen (la lebbra). La sua improvvisa e misteriosa morte a 24 anni, prima di poter pubblicare i risultati, troncò la sua carriera. I suoi studi avanzarono con il chimico Arthur Dean, che non diede nessun credito al lavoro svolto dalla Ball e così ci si dimenticò di lei. Solamente nel 2000 l’Università riconobbe il suo lavoro.
Hedy Lamarr, 1914-2000
Ricordata la diva scienziata che buttò le basi della tecnologia wireless. Non solo non ricevette alcuna gratificazione economica per la sua invenzione, ma quando riuscì finalmente a depositare il brevetto, esso fu annullato. Il governo non la considerava una cittadina statunitense. Un’inventrice che spesso si mise a disposizione per il miglioramento tecnologico del paese, ma che nessuno prese mai in considerazione. Accusata di essere una spia, ed esclusa dal campo scientifico in quanto diva del cinema. Troppo bella per essere considerata una valida mente.
Katherine Johnson, 1918-2020
Il diritto di contare (2016) parla proprio della sua storia, che unisce due discriminazioni: donna e afroamericana. Farsi largo nella matematica all’interno della Nasa, dominata dal maschile, fu una vera e propria sfida. Pioniera nella scienza spaziale e nell’informatica, colei che permise all’uomo occidentale di viaggiare nello spazio. Insieme alle sue colleghe realizzò i calcoli che servivano per i viaggi nello spazio e subì ingiustizie razziali e di genere. I riconoscimenti li ricevette molto più tardi, tuttavia suo il merito che portò gli aamericani sulla Luna.
Rosalind Franklin, 1920-1958
Scienziata di grande valore, fu colei che per prima riuscì a fotografare in maniera chiara la struttura del DNA, fondamento di tutta la biologia moderna. I suoi colleghi utilizzarono i dati a lei rubati per formulare l’ipotesi riguardante la struttura del DNA nel 1953. Ricevettero l’ambito premio Nobel per la Medicina, mentre il nome di Franklin non vide riconoscimento. Il lavoro pionieristico della Franklin sulla struttura del DNA è stato fondamentale per la scoperta della doppia elica del DNA, ma i suoi contributi sono stati a lungo trascurati a causa di discriminazione di genere. Le sue competenze in matematica e analisi hanno dimostrato che il DNA ha due filamenti che si abbinano tra loro, il che è stato fondamentale per comprendere la codice genetico. Eppure la comunità scientifica dell’epoca la oscurò.
Ne ho riportate sei, ma l’elenco che ho stilato contiene molti più nomi. Ora, al di là nel numero, che già di per sé fa riflettere, ci tengo a sottolineare che alcune di loro hanno ottenuto giustizia dopo la loro morte. Ed è importante parlare anche di personalità come Marie Curie e Rita Levi Montalcini, che, nonostante gli scandali e le discriminazioni, sono riuscite ad emergere e respirare.
A tutto campo, o meglio, campi
Ma poi, finora vi ho fatto la pippa su quanto l’ambito scientifico sia difficoltoso per le donne per una serie di credenze e stereotipi preimposti che le limitano ed ignorano, ma non vale solo per l’ambito scientifico. C’è sempre qualcosa, in qualsiasi campo, di cui la donna farebbe bene a non occuparsi.
Per citarne altre, l’inventrice del Monopoly fu Elizabeth Magie Philips. Originariamente si chiamava The Landslord Game ed il suo scopo era quello di criticare il sistema e i leader dei grandi monopoli dell’epoca. La Philips fece domanda per un brevetto nel 1903 e il suo gioco iniziò a guadagnare popolarità. Ma proprio mentre si diffondeva in tutto il paese come una moda passeggera, Charles Durow intervenne e ottenne il copyright di una versione simile, con alcune modifiche, che chiamò Monopoly.
La scrittrice Zelda Sayre Fitzgerald, oscurata da un marito che utilizzò molti dei suoi scritti all’interno dei suoi celebri romanzi, lui conobbe la fama, lei la sofferenza della schizofrenia e dell’isolamento. Nessuno la riconobbe mai come coautrice, anzi, alla fine della sua vita ci si ricorda di lei come la prima flapper della storia, abiti e capelli corti, comportamenti sociali fuori dagli schemi.
Margaret Keane, pittrice, per parte della sua vita si vede sottrarre i dipinti dal marito che li spaccia per suoi. Ottiene fama e denaro finché, durante una trasmissione radiofonica, la Keane trovò il coraggio di denunciare l’inganno del marito: era lei la vera creatrice dei dipinti dai grandi occhi. Big Eyes di Tim Burton, è a lei dedicato.
E a Mabel Walker Willebrandt, avvocata, nessuno riconobbe di essere stata l’ideatrice della persecuzione per evasione fiscale, che permise poi di sottoporre a processo il criminale Al Capone.
Considerazioni
I medici sconsigliavano le fatiche mentali dell’istruzione superiore perché poteva deviare le energie dal sistema riproduttivo della donna, mettendone a rischio la fertilità. Negli ambienti universitari, “si pensava anche che la semplice presenza delle donne potesse disturbare il serio lavoro intellettuale degli uomini” (Saini, Inferiori. Come la scienza ha penalizzato le donne).
Viviamo in convinzioni radicate che affermano quanto le donne siano meno capaci, meno razionali e meno adatte a determinati ruoli nella società. Ignoriamo completament la realtà delle potenzialità individuali e perpetriamo disuguaglianze nelle stesse opportunità educative, sociali e lavorative.
Basta ritenere che donne non siano degne di apportare il loro contributo alla società. Combattere questo sessismo significa accettare che un sistema di pensiero che svaluta le donne è scientificamente errato.
Trotula de Ruggiero, Lise Meitner, Joselyn Bell-Burnen, Jean Purdy, Mary Anderson, Barbara McClintock, Caresse Crosby, Katherine Johnson, Ada Lovelace, Ester Lederberg, Nettie Stevens, Marietta Blauu, Inge Lehmann, Marie Tharp, Cecilia Payne, Sarah Guppy, Verena Holmes, Emma Strada. (…)
Sono i nomi che ho raccolto nella mia ricerca, ma chissà quante altre ce ne sono là fuori.