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Perché dire #notallmen non ti rende una persona migliore – né aiuta le altre a esserlo

Non tutti gli uomini molestano. Non tutti gli uomini stuprano. Non tutti gli uomini uccidono. Non tutte le nonne cucinano la parmigiana con le melanzane fritte. Non tutti gli uomini sono bravi al volante in stile Hamilton. Non tutti gli scarrafoni sono belli per la loro mamma.

Il #notallmen, man (ma anche woman)

Quando si inizia a parlare di violenza di genere o, più in generale, delle forme di potere esercitate dagli uomini contro le donne, capiterà abbastanza frequentemente di incontrare quel simpatico individuo, che a volte può essere anche una donna, che ci tiene strenuamente a precisare che “non tutti gli uomini” fanno quella cosa di cui si sta parlando, colpito nell’orgoglio quando si attaccano i suoi commilitoni. Dirà che lui non ha mai stuprato nessuno, che nessuno dei suoi amici ha mai molestato una ragazza per strada – ammesso e non concesso che riconosca questo atteggiamento come molestia – e che quindi è ingiusto parlare in questi termini degli uomini, come categoria vittima di immotivati attacchi da parte del femminismo, quel brutto e cattivo sessismo al contrario. Insomma, riporterà il discorso ai suoi comportamenti, che sono da elogiare, e magari è anche uno che si vanta di aiutare la sua fidanzata nelle faccende domestiche e che ha anche qualche amica donna!
Ma questo discorso è ridondante, fallace, inutile e anche sessista: non tutti gli uomini stuprano ma molti uomini fanno parte di quel sistema che incolpa la vittima e salva lo stupratore, molti uomini hanno un salario più alto rispetto alle donne, molti uomini possono vestirsi senza incappare in sguardi indesiderati e molestie, molti uomini non devono scegliere tra carriera e famiglia, molti uomini non si vedono negato il diritto all’aborto, molti uomini godono del loro privilegio senza metterlo in discussione. E quasi tutti gli uomini non fanno niente per cambiare questa situazione.

Dire di non essere parte del problema fa parte del problema

Nel momento in cui si tenta di difendere l’indifendibile – si sprecano le statistiche, i dati, i report sulla violenza contro le donne, sul gender pay gap, sulle molestie per strada – si sta, di fatto, diventando parte del problema.
Nessunə, ovviamente, dice che tutti gli uomini siano delle bestie di Satana, da esorcizzare a forza di libri di Virginia Woolf e immaginine di Judith Butler – anche se magari leggerle non gli farebbe male. Piuttosto, si tenta di fare una riflessione più ampia, che non generalizzi ma che riconosca la sistematicità della violenza agita nei rapporti di potere, che pone gli uomini in netto vantaggio rispetto alle donne. Volersi mettere i paraocchi, attaccando questa analisi del problema, significa decostruire la pervasività di questo sistema da cui gli uomini traggono vantaggio e che il femminismo tenta di abbattere. Infatti, una delle criticità quando si tratta di violenza è proprio il far accettare che si tratti di un fenomeno ampio, diffuso, reiterato, che coinvolge molti più uomini di quanto si possa pensare. Trattare in modo isolato i vari casi – ad esempio, declassando un femminicidio a un momento di “raptus” da parte dell’uomo, non evidenziandone la frequenza – significa insabbiare il suo carattere ricorrente. Allo stesso modo, quindi, voler forzatamente puntualizzare che non tutti gli uomini sono “cattivi” significa togliere dall’equazione il fatto che molti lo siano. Ma non solo: il discorso, che dovrebbe essere costruttivo e, appunto, dovrebbe far riflettere sulle discriminazioni e la disparità di trattamento, diventa improvvisamente fallocentrico. Sarà un discorso tutto io, me, me medesimo, io, io stesso e ancora io, che non giova a nessuno delle due parti in causa, anzi! Ancora una volta, ci si ritrova di fronte a un uomo – o a una donna che protegge la categoria maschile – che si aspetta quasi di essere ringraziato per non aver stuprato una ragazza, per non aver picchiato una donna o per non aver molestato qualcunə! What a lovely man! Ma quanti uomini hanno fatto un commento inopportuno, quanti uomini mostrano materiale intimo ai loro amici, quanti uomini pensano che una donna si sia guadagnata una posizione solo perché è andata a letto con qualcuno, quanti uomini pensano che dare spazio alle donne sia un errore o addirittura un rischio?

Quando il non fare può diventare grave quanto il fare

Dopo aver guadagnato la medaglia al valore per non aver molestato nessuna donna nel percorso di ritorno dalla partita di calcetto – dove il meraviglioso #notallmen si è debitamente astenuto dal ridere con i suoi compagni della putt*** di turno – torna a casa, si siede sul divano e si riposa, magari guardando con orgoglio la sua medaglia appesa al collo. Intanto, per strada, continua a infuriare la tempesta: una donna è stata uccisa, una donna è stata violentata, una donna è stata vittima di molestie sul lavoro, una donna è stata licenziata perché incinta.
Ed è qui che si capisce la vera conseguenza del #notallmen: essere omertosi, girarsi dall’altra parte godendo del proprio privilegio e deresponsabilizzarsi significa tollerare, giustificare e accettare questi comportamenti. Si rovescia così la medaglia, beandosi della propria innocenza e bravura nel non essere violenti, senza mettersi in discussione. Limitarsi a osservare significa essere co-responsabili del patriarcato, perché poi, alla fin fine, a all men il patriarcato non fa schifo.

Come passare da essere #notallmen a essere alleatə

Una volta compreso che essere un maschio, bianco, cis, etero mette in condizioni di avere vantaggi e benefici – addirittura comporta essere ringraziati se non si è stuprato nessunə oggi! – è il primo passo per mettersi in discussione.
Iniziare a riflettere sulle possibilità che si hanno rispetto alle altre persone permette di capire quali possibilità le altre persone non hanno e, specialmente, capire quali si vogliono: è davvero così indispensabile pontificare sui peli che ha una ragazza? È davvero inevitabile commentare le tette di una donna con i vostri amici? È davvero essenziale ridere quando una ragazza viene molestata per la via? Dissociarsi da questi atteggiamenti è un piccolo tassello nel grande mondo della lotta al patriarcato: scendete in piazza, odorate la rabbia che serpeggia in mezzo alle manifestazioni, appropriatevi dei termini giusti, tentate di comprendere davvero la spinta dei movimenti, seguite attivistə che vi parleranno di discriminazioni, mettete in gioco i vostri privilegi. D’altronde, le vie del femminismo sono infinite e all men possono percorrerle, se lo vogliono.

Elena Morrone

Elena Morrone

Elena Morrone

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