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Nuovomondo

Gli oggetti che mi circondavano ora sono gli unici che mi tengono compagnia. Le bambole della nonna, di cui ricordo solo vagamente la forma, ora sono pezzi di plastica frammentati qua e là che dipingono di rosa sporco la mia casa di legno. Una sedia sdraiata su un fianco mi protegge dalla luce quando voglio dormire, il tappeto a toppe colorato della mia vecchia camera da letto è il giaciglio su cui ho scelto di stendere il mio corpo.

Quando giro la testa e cambio lato vedo la tua fotografia. L’ho incorniciata con il retro della copertina di un quaderno. Ho fatto il possibile per renderla elegante, come il tuo sorriso che non si è sbiadito nonostante la pioggia. A volte quando piove non riesco a proteggere tutto, e qualcosa si bagna. Quando smette prendo un panno e asciugo. Non mi piace l’odore degli oggetti bagnati, e se si asciugano lentamente si continua a sentire l’odore per giorni interi. Piove ma il cielo rimane colorato di rosso fuoco.

Ascolto la stessa canzone ogni giorno. Mentre sistemo gli oggetti, quando esco per recuperare qualcosa da mangiare, mentre tolgo le foglie secche che sono finite sul tappeto dove dormo. Me l’avevi fatta conoscere tu. La ascolto da un vecchio lettore mp3 che è rimasto con me dopo l’Ultimo Giorno. È acceso da quando sono qui, ma quando si scaricherà la canterò lo stesso dentro di me, te lo prometto.

Da quando vivo qui è tutto diverso. Il rumore del vento non è solo un suono, ne sento il calore quasi fosse un abbraccio. I raggi del sole che filtrano dalle assi di legno di casa hanno un odore preciso. Sanno di carta bruciata. Se mi concentro ne vedo le particelle minuscole che volano nell’aria. Il silenzio ha un peso e una consistenza. Vibra dentro il mio petto, lo sento frinire nella cassa toracica. È freddo e se provo a scaldarmi non va via. Se canto la nostra canzone per un po’ si affievolisce. Ma è lì sempre con me, e devo ancora abituarmi alla sua pesantezza.

Penso poche volte a quello che ho perduto. Ogni giorno è uguale al precedente, e il precedente a quello prima ancora. Sistemo la mia casa di legno, cerco il cibo, guardo dal mio giaciglio quello che rimane fuori. È tutto così grigio che mi immagino i colori. Ogni giorno regalo un colore diverso a ogni oggetto. Faccio diventare rossi i sassolini del sentiero in mezzo al bosco, a volte invece sono blu e mi ricordano il mare. Vorrei ritornare a calpestare gli stessi sassolini sul fondo del mare insieme a te.

Dentro di me continuo a sperarlo ma so che quello che ho perduto non tornerà più, e allora provo a creare qualcosa di nuovo. Capitava, all’inizio di tutto, di passare troppo tempo a pensare e avevano iniziato a fischiarmi le orecchie. Così ho iniziato a credere che fosse sbagliato farlo, che in questa nuova forma del Mondo non si fa, non va bene.

Da allora ho iniziato a guardare il sole, rosso di fuoco in mezzo a tutto quel grigio. Non poteva esistere niente oltre a quello, ho pensato. C’eravamo io e i raggi violenti del sole. Ho dimenticato la mia faccia, non so come ho gli occhi, non so che forma ha la mia bocca, il mio naso. Tocco il mio volto più volte al giorno, e mi convinco che ci sono ancora, che sono lì, da sola. Non c’è nessuno che può dirmi che esisto.  Non ho uno specchio e nessuno sente il mio rumore.

Ho iniziato a scrivere, a scrivere a te, dopo qualche giorno. Non so di preciso quanto tempo sia passato, visto che il sole non smette di bruciare con i suoi raggi infuocati e la notte con il giorno si confondono tra di loro. Ho deciso di scrivere a te, anche se non leggerai mai queste parole a cui sto cercando di dare un ordine. I pensieri di solito, quelli che ho scritto sugli altri fogli, sulla catasta di fogli impilata davanti un braccio di una bambola rotta, non hanno una disposizione organizzata.

Gli oggetti che mi circondano non hanno più la forma che avevano prima. Sono pezzi distrutti che non servono a quello a cui servivano all’inizio. Gli oggetti che mi circondano sono pezzi di me che si sono disgregati. Non voglio provare a rimetterli insieme e avvicinare un pezzo di legno con un altro per farne un tavolo, il vecchio tavolo della nostra cucina. Li ho lasciati scomposti in questa nuova forma confusa. Mi sto abituando a vederli da soli, pezzi senza origine, senza una storia, una ormai passata.

In questa nuova vita, il sole mi acceca ogni giorno, non ho lenti protettive per guardarlo. Più passa il tempo e più la mia casa diventa grande. Trovo in giro oggetti nuovi che qualcun altro ha abbandonato. Plastica, bottiglie, vasi rotti. Li tocco e sento le voci degli altri, ma ora sono i miei.

Ho iniziato a guardare l’orizzonte da un fondo di una bottiglia di vetro verde smeraldo. Ho deciso che sarà l’unico modo per guardare fuori. Ogni cosa, ogni silenzioso angolo solitario, ha la forma tonda e gli angoli smussati. È rinchiuso dentro un cerchio.

Mentre ascolto la tua canzone tengo il fondo di bottiglia, canto al sole che brucia la pelle e penso di aver trovato il mio nuovo posto nel mio nuovo Mondo.

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Sara Noto Millefiori

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