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EMERGENZA CODICE LILLA: dai Disturbi del Comportamento Alimentare si può guarire

In Italia si stima che 4milioni di persone soffrano di Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA).

Durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 i casi di DCA sono aumentati del 30%. Lo studio “C-Eat” (Covid19-eat) condotto dall’International Journal of Eating Disorders e pubblicato nel marzo 2021, ha mostrato una correlazione più forte nel 2020 tra DCA e fattori come disagio psicologico, gestione dello stress e difficoltà finanziarie.

In realtà i dati epidemiologici sono soltanto parziali, poiché esistono molti casi non correttamente diagnosticati sia per una sottocultura legata a tali disturbi sia per le numerose falle della rete assistenziale nazionale.

Uno studio riportato dal SIDCA (Società Italiana per lo Studio dei DCA) ha mostrato come tra i casi correttamente trattati secondo le linee guida non ci siano vittime, ma se il trattamento non è tempestivo ed efficace il tasso di mortalità arriva a superare il 10%. Anche il tasso di mortalità è sottostimato, in quanto è possibile che molti dei decessi siano classificati come arresti cardiaci.

Con l’introduzione del “codice lilla” i pazienti con DCA possono accedere al pronto soccorso con sintomi vari, sia psicopatologici che organici, e il personale adeguatamente formato a gestire questo tipo di codice senza ritardi o errori diagnostici, potrà avviare un percorso terapeutico appropriato e specialistico. Dato l’alto tasso di guarigione raggiungibile con interventi mirati, è evidente come anche registrare un decesso sia oggi inaccettabile e da attribuire alla carenza qualitativa e quantitativa delle cure disponibili sul territorio nazionale. Si tratta di disturbi che, per le loro caratteristiche intrinseche psicopatologiche, rendono i pazienti particolarmente propensi ai drop-out, ovvero all’abbandono delle cure. L’ambivalenza dei pazienti nei confronti del trattamento, la scarsa consapevolezza di malattia e la sottovalutazione della gravità dei sintomi sono tutti fattori che rendono difficile il riconoscimento dello stato morboso sia da parte dei pazienti che dei familiari. La continuità assistenziale, di conseguenza, non deve essere mai data per garantita e il/la paziente non deve essere abbandonato/a. L’accesso in pronto soccorso, dunque, può costituire una forma, per quanto impropria o forzata, di richiesta di aiuto, per colmare i sempre più insostenibili vuoti assistenziali. Ma non basta. Con la digitalizzazione è inaccettabile che il sito ministeriale salute.gov.it inauguri a giugno 2021 un link di consultazione della “mappa nazionale dei servizi DCA” che di fatto non esiste: cliccando sul link www.disturbialimentarionline.it/mappa-dca il sito risulta offline da tempo. Sebbene siano disponibili molte informazioni sui vari siti regionali, queste risultano frammentarie e dispersive: manca una loro organizzazione unitaria e di facile consultazione.

Nonostante siano classificati ad oggi nel DSM-5 sei diversi tipi di DCA, molti di questi condividono un nucleo psicopatologico comune dato da un’alterata attenzione per la forma e il peso corporeo a cui il paziente lega indissolubilmente la sua autostima. L’anoressia nervosa colpisce maggiormente la fascia d’età compresa tra i 12 e i 25 anni con età media di esordio a 18 anni. Le donne sono più colpite rispetto agli uomini con un rapporto m/f di 1:10 per l’anoressia nervosa e di 1:30 per la bulimia nervosa. Di recente sta aumentando l’incidenza di comportamenti anoressici nei maschi che rientrano nella vigoressia o anoressia inversa, per la tendenza a ricercare una massa muscolare imponente mediante restrizione alimentare, uso di integratori e iperattività fisica.

Le morti per DCA sono quasi interamente attribuite alle complicanze dell’anoressia nervosa. All’inizio e per lungo tempo dall’esordio clinico i sintomi sono subdoli e prevale una generica insoddisfazione per la propria immagine corporea. Ma in questa fase l’autostima del soggetto è tutt’altro che abbattuta. Prevale anzi un forte senso di onnipotenza dato dall’ottenimento del controllo totale del proprio aspetto e del proprio peso. Questa è una fase in realtà già molto delicata e vulnerabile chiamata “luna di miele”, per l’apparente senso di benessere percepito dal paziente, benessere che spesso viene rinforzato dai commenti delle persone che si congratulano per la perdita di peso. Su questa particolare dinamica socioculturale il discorso si amplia e si radica nello stigma del corpo grasso. Anzi la grassofobia è proprio il background culturale su cui si costruiscono le false e offensive convinzioni che attribuiscono un giudizio morale alla natura di un corpo: il corpo grasso è percepito come una colpa e un fallimento. Precisiamo dunque che complimentarsi con una persona per il suo dimagrimento, è sbagliato. Non solo perché è sbagliato attribuire al solo corpo magro il lasciapassare di bellezza e di validità, ma perché è proprio sbagliato commentare i corpi delle persone in generale quando non richiesto (mai richiesto, fidatevi), senza aver cura di ciò che quel commento può scatenare. Il giudizio grassofobico è una matrice pericolosa che può alimentare la psicodinamica di un DCA e rompere l’equilibrio già precario di un soggetto la cui volontà è distorta e pronta a mettere in atto comportamenti alimentari autodistruttivi. Nella seconda fase, infatti, prendono sempre più piede l’attenzione alle calorie, le scelte alimentari selettive, l’evitamento sociale di situazioni di convivialità, l’accanimento per l’attività sportiva fino alla deambulazione incessante. Quest’ultima si può verificare durante la notte nella stanza o per le scale e fa parte di quei comportamenti compensatori messi in pratica all’oscuro della supervisione di terapeuti e familiari.

Tra gli indici di gravità dello stato del paziente valutati dal personale di pronto soccorso il peso corporeo non va considerato come parametro unico e sufficiente, piuttosto è la modalità di perdita di peso ad essere clinicamente rilevante: è considerato critico un rapido calo ponderale di 1 kg a settimana per 6 settimane o una perdita maggiore del 10% del peso abituale nell’arco di due o tre mesi. Inoltre, questi parametri non valgono allo stesso modo per soggetti con uno stato di salute già compromesso, dove anche minime variazioni ponderali possono essere indici di gravità. La malnutrizione acuta è un’emergenza medica: sono a rischio altissimo le condizioni di digiuno per 5 o più giorni in un adulto e di apporto nutrizionale estremamente ridotto per 2 giorni consecutivi in adolescenti e bambini.

È importante che il personale sanitario in pronto soccorso conosca e riconosca nelle varie presentazioni tutte le possibili caratteristiche cliniche riscontrabili in pazienti con DCA, in particolare è bene sottolineare che non sempre una normalità degli esami ematochimici esclude una situazione di criticità. Infatti, i fenomeni di adattamento legati al deficit nutrizionale possono falsare l’interpretazione dei risultati che saranno solo apparentemente normali.

Le basi di questi disturbi sono estremamente complesse. Il modello eziopatogenetico più accreditato è quello biopsicosociale: la vulnerabilità psicologica, fattori socioculturali, fattori genetici e assetto familiare sono profondamente integrati tra loro e rendono conto della necessità di un approccio terapeutico multidisciplinare. Accanto alla valutazione dello stato nutrizionale e delle complicanze di competenza del medico internista, è associata la costante valutazione psichiatrica sia per quanto concerne il DCA sia per le altre comorbilità psichiatriche frequentemente riscontrate in questi pazienti, prime fra tutte la depressione maggiore, i disturbi d’ansia, i disturbi di personalità e l’abuso di sostanze.

Mentre l’anoressia nervosa è dominata dalla ricerca continua della magrezza come fonte di benessere e di autocontrollo, la bulimia nervosa si caratterizza per alternanza di abbuffate, vissute con un forte senso di angoscia e di vergogna, e di comportamenti compensatori quali vomito autoindotto, abuso di lassativi e diuretici, iperattività fisica. L’autostima è dunque legata al mantenimento di una determinata forma e peso corporeo.

La presa in carico deve essere quanto più precoce possibile al fine di impedire l’instaurarsi di un circolo vizioso in cui le conseguenze del disturbo automantengono e rafforzano il disturbo stesso. Il sintomo del disturbo alimentare ha un significato psicologico positivo per il paziente che lo ricerca per sedare l’ansia di perdere il controllo ed è da questo controllo alimentare continuamente rinnovato che ricava la gratificazione. I circuiti neuronali che si attivano nei momenti di gratificazione hanno un’importante componente dopaminergica che è quella della ricompensa, producendo un piacere simile a quello indotto dalle sostanze d’abuso. Questo meccanismo induce dipendenza dal comportamento alimentare adottato.

Considerata la fascia d’età maggiormente colpita dai disturbi del comportamento alimentare, è imprescindibile la considerazione delle dinamiche familiari sia come possibile fonte di contributo al mantenimento del disturbo sia come garanti dell’alleanza terapeutica. Ai genitori in particolare il terapeuta spiega che il comportamento disfunzionale del paziente è la conseguenza dello stato mentale caratteristico che opera nelle persone con DCA e che da tali disturbi è possibile guarire. Per farlo si rende noto che l’obiettivo terapeutico è quello di identificare e combattere i meccanismi di mantenimento del disturbo, nonché informare sui sintomi della malnutrizione e sulle sue conseguenze. Bisogna instillare speranza, ma far comprendere come i genitori possano involontariamente contribuire al mantenimento del disturbo. Allo stesso tempo possono essere coinvolti nel trattamento se predisposti a creare un ambiente domestico che non vanifichi gli sforzi messi in atto dal paziente nel percorso di guarigione. I comportamenti pratici da mettere in atto riguardano la riduzione delle reazioni critiche, dell’ostilità, dell’eccessivo controllo, la rimozione delle bilance pesa-persone e talvolta degli specchi se in numero eccessivo. I genitori sono responsabili dell’acquisto, preparazione e servizio del menu concordato e la maggior parte dei pasti devono essere consumati insieme a tutta la famiglia. Va ribadito che i pensieri disfunzionali dell’adolescente nei confronti dell’alimentazione non vanno attaccati con critiche aggressive perché sono l’espressione del suo problema alimentare.

Un elemento fondamentale della terapia è la scelta del luogo di cura tra ambulatorio, ospedalizzazione parziale, servizi residenziali e ricovero intensivo. Tale scelta dipende sicuramente dalla gravità del disturbo ma anche dall’età del paziente, dalla motivazione alle cure, dalla sua situazione economica e sociale. Il ricovero ospedaliero è la scelta migliore per l’anoressia in fase acuta, negli altri casi la migliore soluzione è offerta dal regime di day hospital. Questo perché il day hospital promuove il mantenimento dell’autonomia e del proprio ruolo sociale, incoraggia ad avere fiducia in sé stess* e a far esperienza dei propri miglioramenti anche al di fuori dall’ambiente protetto in cui avviene il percorso terapeutico.

La comunicazione è indispensabile al successo terapeutico: lo è la comunicazione tra terapeuta e paziente, tra terapeuta e familiari e soprattutto tra terapeuti e specialisti coinvolti nel processo di cura.

Oltre che mantenere continuamente aperti e operativi tali canali di comunicazione sul piano dei servizi assistenziali, è utile anche migliorare la comunicazione sociale e mediatica delle informazioni relative ai DCA, sfatando diversi miti che ne ostacolano il riconoscimento:
• I disturbi alimentari colpiscono persone di tutti i generi, età, etnie, di tutte le forme del corpo e di tutti i pesi, di ogni orientamento sessuale, e di differenti stati socioeconomici.
• I disturbi alimentari comportano un aumento del rischio sia di suicidio che di complicanze mediche.
• Il recupero completo da un disturbo alimentare è possibile. La diagnosi precoce e la qualità dell’intervento sono però molto importanti.

NB. Tutti i corpi sono validi e quindi degni di rispetto per il solo fatto che esistono. Sono validi e degni di rispetto a prescindere dal peso e dal loro stato di salute.

Dominica Lucignano

Fonti:
DSM-5
Sidca
Ministero della Salute
Manuale di psichiatria e psicologia clinica – bressi invernizzi edizione mc graw hill

Dominica Lucignano

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