«A proposito» disse poi, «voglio raccontarvi una storia, anche se è un po’ triste…» «Alt, niente storie tristi, per favore» intervenne Saiki, che continuava a sfogliare il suo libro.
«D’accordo, allora ve la farò divertente… […]»
Niente storie tristi, e allora come facciamo? Facciamo finta che questa non lo sia. Mettiamoci a osservare le sfumature di splendidi pesci tropicali che guizzano in acquari maestosi e tutti i colori che riflettono sulla superficie dell’acqua e il loro modo di nuotare rincorrendo una bollicina, ignorando che in fondo sono chiusi in una scatola di vetro, non importa quanto grande sia.
Pesci, dicevamo. Pesci che riflettono anche i nostri dubbi e le nostre debolezze. Le emozioni. Le incertezze. Che innescano delle domande e invitano alla conversazione. Pesci che generano terribili incubi notturni.
L’atmosfera di quest’ultimo libro di Oyamada (qui la recensione di “La buca” della stessa autrice) possiede striature di inquietudine più o meno profonde e ironia grottesca che si insinuano tra una cena tra amici e l’altra. Lo spazio narrativo si divide infatti in tre momenti di convivialità che rivelano le relazioni disfunzionali di nuclei familiari variegati. Il loro raccontare e accogliere storie di vita lascia che interrogativi e pruriti nuotino nell’aria come i pesci di un acquario.
Questo è un mondo in cui le donne sembrano già sapere tutto scegliendo quindi consapevolmente il loro agire (oppure accettando il ruolo assegnato loro dalla società), mentre gli uomini sono imprigionati nei loro cliché o, a volte, nel loro stesso tentativo di liberarsene.
Ci piace credere che tutto dipenda dall’amore, dai sentimenti, che scegliamo con piena consapevolezza il nostro partner… Ma in realtà non è così, perché ci muoviamo entro binari precostituiti e non siamo veramente liberi»
Ma se i binari sono davvero precostituiti, da dove deriva questo turbamento? La linearità del binario non dovrebbe offrire conforto e direzione? Oppure è la limitazione dello stesso a generare i nostro incubi per tutto quello che non siamo in grado di raggiungere? Se potessimo saltare fuori dall’acquario saremmo più liberi o più spaventati?
Oyamada descrive con apparente semplicità e più di un tocco di surrealtà le caratteristiche che determinano gli standard del giusto e dello sbagliato stravolgendo le condizioni di base, generando domande dove si pensava si avessero già tutte le risposte. Il tutto circondato dai cibi succulenti della cucina giapponese.
E le donnole?
Buona lettura
Donnole in soffitta di Oyamada Hiroko.
Oyamada Hiroko ha vinto con “La buca” il premio Akutagava nel 2013. È stata inoltre vincitrice dello Shincho Prize come scrittrice esordiente con “La fabbrica”, tratto dalla sua diretta esperienza come operaia temporanea in una fabbrica di automobili. Questo è l’ultimo libro uscito in Italia, presentato in Italia a “pordenonelegge” a settembre 2024.
Tradotto in italiano da Gianluca Coci.