Copertina di "Butter" di Yuzuki Asako

Tigri di burro: Butter di Yuzuki Asako

Dettaglio albo illustrato “Little Black Sambo”. scritto e illustrato da Helen Bannerman

C’è una vecchia storia per ragazzi del 1899 in cui un bimbo, per salvarsi da quattro tigri affamate, dona loro i suoi nuovi vestiti colorati e il suo ombrello. Le tigri vanitose litigano tra di loro per decidere chi debba indossarli fino a che una lotta furibonda le trasforma in delizioso burro. La madre del bimbo userà allora quel burro per cucinare dei pancake che mangerà tutta la famiglia riunita, sana e salva.

È una storia che va tenuta a mente poiché fa da sfondo, anche se a volte forse in modo un po’ maldestro, a tutte le vicende di questo romanzo. Da varie prospettive e con i significati più inaspettati.

Protagonista del romanzo è Rika, una giornalista giovane e in carriera che per una serie di vicissitudini si interessa al caso di una donna, Manako Kajii, accusata di aver ucciso per interesse economico alcuni uomini facoltosi.

Un’assassina. Una giornalista. Alcuni testimoni. Le scene dei delitti. Vittime. Solitudini. Interessi. Tutti gli ingredienti di un thriller che si rispetti.

Il punto è che per quanto la storia sia intrigante e fino all’ultimo ci si chieda come siano andati i fatti e dove risiedano le colpe, la vera forza del romanzo è in tutto quello che c’è intorno e il suo affrontare i temi salienti di una società che grida in maniera fortissima al cambiamento.

Cominciamo dal corpo delle donne:

La protagonista, Rika, inizia ben presto a fare i conti con pensieri e azioni che cominciano a modificare il suo aspetto e il rapporto con i suoi desideri.

Nella società attuale, a tutti veniva inculcato il concetto che le donne dovevano essere magre, e la scelta di continuare a vivere in sovrappeso, senza seguire una dieta, per le donne comportava con tutta probabilità la consapevolezza di doverne subire pesanti conseguenze.

Amaramente, nessuna novità. Ma poi continua.

Che strano! Chissà perché gli uomini, quando nessuno li sta a guardare, non possono fare a meno di sprofondare a poco a poco in un’esistenza sregolata e miserabile. Forse perché tutto ciò viene visto dal resto del mondo con indulgenza e considerato non un fallimento personale, ma qualcosa di tragico di cui avere compassione.

Ed è solo la seconda stoccata. La responsabilità femminile dell’incapacità maschile di occuparsi di sé. E qui comincia a delinearsi come la sequenza di denunce a una società che si accanisce sul corpo, sul desiderio e sul libero agire femminile, non sia l’unica causa di scompensi e buchi negli ingranaggi della fabbrica. La mancata sottomissione alla norma rompe l’equilibrio in ogni uomo debole e incapace di badare a sé stesso che diventa immediata vittima di tale comportamento. Questo fantomatico squilibrio di ruoli che si viene a determinare scardina porte e finestre, scoperchia tetti, crea solitudini. E per cosa?

Questo è il credo di Manako. Una donna che è convinta, o almeno afferma con costanza, che nell’uscire dal ruolo “predestinato” (abbiate pietà) di cura ci sia da perdere troppo e non ne valga la pena.

Leggere i suoi sproloqui fa rabbrividire e per la prima parte del libro ho avuto più volte il desiderio di lanciarlo contro il muro, poi recuperarlo, dispiacermi un po’ perché comunque non si trattano male i libri e posizionarlo in libreria dimenticandomene per sempre.

Tuttavia, perseverare ha avuto i suoi frutti.

Questo romanzo è un trattato su un buon numero di micro e macro aggressioni che la società opera sull’essere umano, qualunque sia il suo genere. Analizza le sottili ferite operate dagli adulti che ti crescono e dalle persone che poi ti circondano da essere umano adulto. Tutto influenza la nostra esistenza e il nostro modo di pensare, specialmente se non si mettono mai in discussione i paradigmi che prendono dimora nella nostra testa e la cui posizione non viene mai sfidata.

C’è una giornalista, c’è un’assassina (?) e ci sono tutte le persone che ruotano intorno alla loro esistenza. Ci sono elementi all’apparenza innocui, ci sono reazioni, difficoltà a reagire, sottomissioni, debolezze. Nessuno è perfetto, però niente di ciò che ci succede può fungere da alibi per sempre. Si cresce, si va avanti, si cerca di capire, si sbaglia ancora (“Prova ancora. Sbaglia ancora. Sbaglia meglio.”, diceva qualcuno).

Le nostre risorse possono essere limitate, possono non bastare e non c’è niente di male. Ma se c’è un lume di speranza in questo romanzo, per questa esistenza imperfetta e problematica è che sebbene sia necessario trovare la volontà di superare le crisi dentro noi stessi, la lotta si può fare insieme. E insieme si può far comunità e rete di salvataggio (e anche festa). Non è pura retorica.

Quando ritroveremo la capacità di costruire insieme ed esserci davvero, sforzandoci di alimentare il senso di empatia così come la voglia di condivisione, accogliendo le differenze come ampliamento dei propri confini e non come limite, vivere questo mondo sarà un po’ meno difficile.

Buona lettura.

Butter, di Yuzuki Asako.

Con questo libro, Yuzuki ha vinto il premio Waterstones Book of the Year 2024. Inoltre ha vinto il premio All Yomimono dedicato agli scrittori emergenti e lo Yamamoto Shūgorō Prize, ed è stata nominata moltissime volte per il Naoki Prize. I suoi romanzi sono stati adattati per televisione, radio e cinema.

Tradotto in italiano da Bruno Forzan.

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Alessandra Marrucci

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