Il nome di Gina Pane è probabilmente quello più accostato alla performance art e alla body art, con una ricerca artistica legata al corpo che è visto come progetto d’arte ed espressione.
Vita e arte
Gina Pane nasce nel 1939 a Biarritz, in Francia, da padre italiano e madre austriaca. Passa a Torino tutta la sua infanzia ed è proprio lì che inizia a coltivare la passione per l’arte. Decide di proseguire gli studi a Parigi iscrivendosi all’Académie des Beaux-arts e successivamente all’Ateliers d’art sacré. Ottenuto il diploma in pittura, insegna per alcuni anni all’Ecole des Beaux-arts di Le Man.
Abbandona il percorso di insegnamento e inizia a maturare una propria visione, nella quale al centro di tutto c’è il corpo, quello femminile in particolar modo.
È esattamente la body art a diventare la forma artistica prediletta di Pane. Il suo corpo è arte, progettazione, esecuzione, rappresentazione. Artista e opera si fondono in maniera indissolubile.
Fasi artistiche
La Body Art di Gina Pane esprime il concetto di corpo come progetto ed esecuzione al tempo stesso. Qualsiasi risultato artistico, per lei, deve passare da una dimensione intima e interiore. Prendere coscienza dei limiti del corpo umano fortifica contro gli stereotipi creati e imposti dalla società. La sua produzione artistica si può dividere in tre diverse fasi.
Pane mette in relazione il corpo con la natura e il mondo esterno, infine, con il pubblico, che diventa parte integrante dell’opera. Gina Pane e le sue opere rappresentano la Body Art degli anni ’70 e, oltre a porre il focus sull’intimità, criticano l’asservimento della politica alle potenze militari e la condizione subordinata della donna, in un periodo di forti tensioni sociali. Prima di dedicarsi esclusivamente a metodi performativi, l’artista realizza anche dipinti dallo stile geometrico e sculture monocrome.
Gina Pane e le opere performance della sua produzione, come anticipato, si possono classificare in tre fasi. Della prima, incentrata sulle azioni dei fenomeni naturali, fanno parte le azioni Dessin verrouillé (1968), in cui il disegno dentro una scatola di ferro non si mostra allo spettatore prima dell’ossidazione; Pierres deplacées (1968), che vede piccoli interventi dell’artista sul paesaggio, come spostare dei sassi dall’ombra alla luce; Peche endeuillée (1968), un’installazione contro i danni del nucleare e Stripe-Rake (1969), un’azione che prevede il rastrellamento di un mucchio di sabbia bianca, e che fu presentata alla Galleria LP 220 a Torino.
Body Art
“Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società”
Gina Pane
Nella seconda fase il corpo diventa un’emblema che incarna la società. L’artista si ferisce o s’infligge dolore per evocare l’esperienza della sofferenza condivisa.
Il bianco non esiste è una delle performance più rappresentative di questa fase. Durante questa opera, a Los Angeles, che diventa città simbolo del capitalismo, Pane inizia a ferirsi sul volto con una lametta di fronte ad un pubblico sbigottito. Il suo viso diventa simbolo di una bellezza mutilata, espressione dell’umiliazione e dei soprusi che le donne quotidianamente subiscono. Lei, che aveva preso parte al movimento per l’emancipazione femminile nel 1968, traduce le ferite sul suo volto in espressione di un dolore femminile collettivo.
La terza parte delle fasi artistiche della Pane la vede abbandonare la performance e utilizzare la documentazione fotografica delle sue passate azioni, così come gli oggetti presenti nell’esecuzione. La sofferenza mostrata si avvicina al senso cattolico del martirio, in cui i materiali usati in tempi lontani rappresentano le reliquie. Essendo l’ultima fase dell’opera di Gina Pane, ci si avvia simbolicamente verso la morte. I lavori ora s’ispirano al San Giorgio e il Drago di Paolo Uccello, a Filippo Lippi e alle preghiere di santi, come San Francesco.
Azione sentimentale
Gina Pane e la Body art come simbolo di sofferenza e costrizione cui le donne sembrano spesso costrette, trovano il loro massimo culmine poetico nella performance denominata Gina Pane Azione Sentimentale. L’azione si è svolta a Milano, nel 1973, alla Galleria Diagramma del critico d’arte Luciano Inga Pin e, nello stesso anno, presso il Centre Pompidou di Parigi. L’artista, e donna, si presenta a un pubblico di sole donne indossando un completo bianco, che rimanda alla sposa cattolica. In mano tiene un mazzo di rose rosse, dalle quali man mano stacca le spine per conficcarle nel suo braccio. Il sangue macchia gli indumenti bianchi, mentre il mazzo di fiori rossi lascia il posto a quelli bianchi. Azione Sentimentale, oltre al martirio, rimanda alla donna stereotipata nel ruolo di moglie e madre.
Gina Pane morirà prematuramente di cancro nel 1990. La compagna Anne Marchand donerà gran parte delle opere della Pane a musei pubblici o gallerie, come la Fondazione Morra, il PAC di Milano e Osart Gallery, in Italia.
Graziana Minardo