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L’invenzione della cellulite: come la medicina si presta alle relazioni di potere.

Il caratteristico aspetto dei corpi di donna adulta è sempre esistito ma non aveva un nome, o meglio non ha mai avuto un nome che destasse preoccupazione collettiva, che scomodasse i manuali diagnostici di medicina e che desse il via a una vera e propria crociata del capitalismo contro il corpo femminile, accentuando lo stereotipo di magrezza: la “cellulite”.

Non è stato un termine coniato ex novo, ma rubato all’infettivologia per disegnare a tavolino la ragione pseudoscientifica dell’insoddisfazione femminile per i corpi e orientarla a un mercato in continua espansione a partire dal secondo dopoguerra.

La nascita del cosiddetto “male del secolo”, come definito sulle riviste in voga negli anni ’40, doveva allarmare proprio tutta la popolazione femminile: non solo le donne grasse ma anche quelle magre si riconoscevano nella descrizione del “morbo”. Il termine “cellulite” riferito alla presentazione estetica della cute in alcuni distretti compare per la prima volta negli anni ’20 del Novecento, epoca in cui la Francia stava vivendo l’espansione dei saloni di bellezza. Qui le riviste come Votre Beautè e più tardi Vogue negli Stati Uniti pubblicarono articoli in cui questa condizione veniva descritta come un qualcosa di ripugnante, dal contenuto simile all’urina e altri prodotti di scarto, venne chiamata “carne degenerata”, o ancora “la nuova parola per il grasso che non potevi perdere prima”.

Il pubblico riconoscimento dello stato di malattia non tardò ad arrivare perché fu un momento in cui l’industria estetica trovò pieno appoggio da parte della comunità scientifica. Già nel 1932 il dottor Wetterwald pubblicò il libro What is cellulitis? in cui addirittura faceva risalire la cellulite alle diverse abitudini sessuali delle donne. Un anno dopo il dottor Debec propose sulla rivista Votre Beautè gli esercizi da mettere in pratica per contrastare questo “problema” femminile.

La dinamica dell’invenzione della cellulite si inscrive in un classico schema di esercizio capitalista del potere patriarcale: creato il problema, era ora possibile vendere le soluzioni più disparate. Chirurgia, tisane, pillole, creme, cabine, impacchi, consulti specialistici, apparecchiature e altri rimedi. Quanto più il risultato estetico è difficile tanto più l’industria estetica prolifica sull’insicurezza delle donne.

Si è detto che questa manipolazione mediatica e scientifica è stata di matrice patriarcale e il motivo è storico: a cavallo tra le due Guerre Mondiali le donne avevano raggiunto una maggiore emancipazione nel mondo del lavoro e cominciavano ad essere inquadrate come consumatrici di prodotti industriali. Questa apparente equalizzazione in realtà sottendeva a una necessità da parte della neonata industria della bellezza di ristabilire l’ordine e la dipendenza da storici rapporti di potere, i quali potevano essere messi in crisi se si fosse realmente affermata l’emancipazione femminista. La magrezza era il canone perfetto per ristabilire controllo e dipendenza.

In sostanza, le donne potevano votare, potevano scegliere e muoversi nel sistema capitalista. Il patriarcato ha dettato loro cosa scegliere (e cosa comprare) in questo sistema e a cosa ambire per essere ritenute valide.

Per depatologizzare la cellulite e svuotarla del senso morbosamente ripugnante che le è stato attribuito occorre ritornare al punto di partenza, e quindi richiamare in causa, stavolta nel modo corretto, la medicina.

La cellulite, quella vera, è un’infezione cutanea acuta che si estende al tessuto sottocutaneo. Più frequentemente è causata da agenti patogeni quali lo Streptococco di gruppo A e Stafilococco Aureus. Fattori che predispongono alla sua insorgenza sono traumi come lacerazioni, abrasioni, punture, ferite da rasatura, ulcere e foruncoli. Può anche presentarsi in conseguenza di una stasi della circolazione venosa e linfatica, o dopo interventi chirurgici e radioterapia.

I segni e i sintomi sono rappresentati da dolore, bruciore, rossore e gonfiore locale unitamente a febbre, brividi e malessere generale. Può complicare in trombosi venosa profonda e fascite necrotizzante. La terapia è antibiotica e a base di amoxicillina/acido clavulanico per bocca, oxacillina o cefazolina endovena.

Consapevolə di queste conoscenze, dobbiamo abbattere ancora oggi gli strascichi di una cultura che ostacola la libera espressione e dignità di tutti i corpi. Dobbiamo decostruire la patologizzazione imprescindibile delle caratteristiche estetiche, non già perché non ci debba essere libertà nella scelta di rimedi e trattamenti che possano avere una funzione di rito catartico e/o di ambizione al benessere psicologico e fisico, ma perché innanzitutto le parole sono importanti, e ogni cosa va chiamata col proprio nome al fine di rendere più chiara la comunicazione mediatica, ed evitare tutti quegli allarmismi e demonizzazioni che si pongono tra noi e l’effettivo esercizio della parità di genere.

Fonti

Specchio delle mie brame. La prigione della bellezza. Maura Gancitano, 2022.

Malattie infettive e tropicali. Coppola, Gentile. III edizione.

Picture of Dominica Lucignano

Dominica Lucignano

Una risposta

  1. Vorrei che questo articolo fosse pubblicato in prima pagina su tutti i giornali!!! Vorrei che i responsabili pagassero per tutto il tempo, il denaro e la sanità mentale che tante persone hanno perso. Che tutte le aziende che commercializzano i prodotti che lucrano su questa vile menzogna fossero obbligate a cambiarne il nome o che i prodotti venissero ritirati dal mercato. Cambiare la mentalità della gente su questo argomento ora come ora è impossibile. Un danno incalcolabile che non verrà mai risarcito! Che rabbia 😡

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