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“Eppoi, che giovani son questi che per avere una donna devono farsela servire su un vassoio come un fagiano?”

Il 20 febbraio 1958 venne approvata in Italia la legge Merlin che, introducendo i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, portò alla chiusura delle case di tolleranza e quindi alla fine della prostituzione regolamentata che era stata introdotta nel 1860 dal decreto Cavour.

Si dibatte molto oggi riguardo alla possibilità di un ritorno alla regolamentazione della prostituzione, per farne un servizio gestito dallo Stato, ma sappiamo davvero cosa significa e quali siano state le regole nel periodo in cui era regolamentata?

Il mestiere più antico del mondo

La prostituzione è davvero il lavoro più vecchio del mondo? Sembrano in tanti a essere d’accordo, mal celando la risatina che segue sempre i commenti rivolti a questo settore. Per quanto si possa affermare di sì, credo ci si dimentichi sempre che in molte situazioni la prostituzione sia nata soprattutto a causa dell’indigenza economica, basti pensare alla protagonista di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, alle tossiche della Bolzano di fine anni ’90, o alle ragazze dell’Est Europa che si ritrovano sui marciapiedi di Milano a vendere il proprio corpo.

Ciò che ci dimentichiamo di cogliere è che il problema legato alla prostituzione non è tanto il suo fattore sessuale, ce lo dimostrano le creatrici su Only Fans, che hanno conquistato una forte indipendenza creando un lavoro nuovo, ma parliamo più qualcosa legato ad un livello sociale e culturale. Un livello per cui se non vuoi essere casto, sii prudente. Che di conseguenza significa considerare la prostituta un essere inferiore a te, perché la paghi. Perché pensi di poterci fare ciò che vuoi. Dimenticandoti però due cose: la prima è che la società non crea alla donna le situazioni per far sì che si emancipi per cui in molte situazioni la prostituzione sembra l’unica strada, mentre la seconda è l’onnipresente bigottismo che porta a pensare che una persona che svolge questo tipo di lavoro non sia degna di rispetto e di coseguenza a condannarla moralmente.

Ma cosa significa prostituzione?

Con il termine prostituzione si intende un’attività per la quale si offrono prestazioni sessuali dietro un pagamento in denaro. In sé potrebbe essere definito un lavoro come un altro, dato che in molte mansioni le persone mettono a disposizione il proprio corpo e le proprie energie dietro uno stipendio in denaro. Ciò che naturalmente distingue la prostituzione da ogni altra tipologia di lavoro è la sua storia: una storia di sfruttamento, violenze e stupri. Per molte sopravvissute l’idea di una legge che vada a regolare questo lavoro risulta aberrante. Si parla di milioni di persone che sono state esposte alla totale violazione dei diritti umani per cui diventa difficile concepire la prostituzione come un lavoro e non come una condanna. Oltre all’alto rischio che anche attraverso una regolamentazione, questa non possa essere in ogni caso una garanzia di protezione.

Allo stesso tempo molti lavoratori del sesso oggi continuano a combattere per ottenere migliori condizioni di lavoro ed una protezione legale. E qui il femminismo ha fatto il suo: si vuole rivendicare la libertà, quindi non tanto la condizione di prostituta quanto più la libertà di poter scegliere di lavorare attraverso il sesso. Una scelta che è stata negata a moltissime donne, rimaste coinvolte in tratte e sfruttamento.

Premesse alla prostituzione del ventennio fascista

L’Italia, durante il periodo fascista, aveva le sue case di tolleranza. Esisteva un sistema rigidamente controllato dallo Stato, fare la prostituta era un lavoro a tutti gli effetti, con tasse da pagare e una licenza per poter esercitare. Non mancavano nemmeno i “rigidi” controlli medici settimanali a cui erano sottoposte le lavoratrici. Attenzione, solamente loro erano sottoposte a questi controlli, non i clienti, che erano uomini di ogni tipo ed età. Questo ragionamento, secondo lo Stato, avrebbe permesso di contenere eventuali malattie veneree. Già qui i segnali d’allarme: si voleva utilizzare le case chiuse come mezzo per soddisfare i “bisogni” dell’uomo e tutelare la sua salute. A messa alla domenica, al bordello il lunedì. In realtà le sole a farne le spese erano le prostitute.

Ferree norme e una totale sottomissione allo Stato impedivano alle prostitute di lasciare le case durante il giorno perché avrebbero attentato alla debolezza dell’uomo italiano. E qui il grande problema legato alla prostituzione: era ed è considerata moralmente deplorevole. Non per nulla si chiamano case chiuse, o case di tolleranza, questo indica che esistono sì, ma nascoste alla società benpensante. Questo denota senza dubbio una subcultura sessista di cui Lina Merlin, senatrice socialista, fu il principale bersaglio dato il suo obbiettivo di chiudere queste case.

Lina Merlin, una legge per tutte (forse)

Lina Merlin, attraverso la travagliata legge n. 75, è arrivata ad eliminare la regolamentazione, ma non ha in ogni caso eliminato il problema. Ha scoperchiato un vaso di Pandora composto da medici che effettuavano visite fasulle (e qui una delle principali falle di questo sistema), ma anche da una morale che in realtà non ha mai legalizzato la prostituzione. Eppure uomini di ogni età ed estrazione sociale frequentavano i bordelli.

La Merlin si era resa conto che non esisteva un controllo medico dei clienti e che nessuno era particolarmente ligio al proprio dovere, i dottori per primi. Inventavano risultati, sfruttavano le prostitute in cambio di favori, per cui anche l’obbiettivo di contenere le malattie risultava inutile.

L’iscrizione alle case di tolleranza era volta al controllo delle malattie e non certo per autorizzare questo lavoro. Serviva per soddisfare le necessità fisiologiche degli uomini oltre a difendere l’integrità fisica del cittadino e della razza. Quindi no, in epoca fascista non si può realmente parlare di legittimazione della prostituzione perché tutte le norme erano rivolte alla salvaguardia degli uomini e non delle donne che vi lavoravano. La società va protetta igienicamente e moralmente ma la donna resta qualcosa su cui poter mercificare e la prostituta resta l’ultimo gradino della società.

Basti pensare alle Veneri vaganti, le prostitute irregolari (senza licenza per esercitare) subivano gravi violenze da parte delle forze dell’ordine. Ma anche quelle regolarmente iscritte erano perlopiù oggetto di scherno, oltre alle tante testimonianze che dimostrarono che per moltissime di loro quella non era stata una libera scelta. Erano portate a mercificare il proprio corpo.

Ad aggiungersi a tutto questo la Merlin capì che le uniche ad essere punite erano sempre le prostitute. E così facendo i medici rovinavano la vita delle ragazze mentre gli uomini continuavano a portare in giro malattie.

Parlare di prostituzione oggi in Italia: chiariamoci

Ma cosa dice la legge? La legge Merlin, che vige dal 1958 stabilisce una cosa precisa: abolita la regolamentazione della prostituzione e introdotti i reati di sfruttamento e favoreggiamento riguardo essa. Questo significa che la prostituzione non è illegale, non è considerato reato la vendita del proprio corpo, ma lo sfruttamento del corpo altrui.

Quindi sono punite tutte quelle condotte parallele volte a sfruttamento e favoreggiamento, tra cui l’esistenza di luoghi specifici dove esercitare questa professione (come le case di tolleranza). Questa dinamica rientra nel modello chiamato abolizionismo, che ne proibisce ne regolamentarizza la prostituzione. In breve, non si interviene espressamente, ma si cerca di mutare le cause che favoriscono questo lavoro.

Altri modelli sono il proibizionismo (Russia) in cui vige una condanna non solo morale ma anche legale, ed infine il regolamentarismo, tipico di Paesi come l’Olanda dove la prostituzione è legale e regolata.

E’ molto importante ragionare su queste dinamiche senza dimenticarsi che la storia della prostituzione non è stata e non è di libera scelta. Senza dimenticarsi che è un sistema per molti versi deumanizzante, ma non per questo non va ascoltata la minoranza che chiede maggiori diritti e sicurezza.

Lina Merlin voleva liberare la donna da questa schiavitù e creare le giuste situazioni sociali affinché si emancipasse. E a suo modo ci è riuscita, portando alla luce un sistema ancora troppo fallace e controllato dagli uomini. Durante gli anni di battaglia per l’approvazione della legge le arrivarono centinaia di lettere dalle ragazze che lavoravano nei bordelli e chiedevano di essere aiutate.

Resta aperto il dibattito, ma resta aperta anche la possibilità di cambiare la morale, rendendola meno oppressiva rispetto alla libera scelta delle donne e a garantire diritti individuali e sicurezza sul lavoro. Qualsiasi sia l’orientamento etico sulla questione, però, non si può che riconoscere quanto il problema portato alla luce dalla senatrice Merlin resti una questione aperta che continua ad animare una parte del dibattito sui diritti delle donne.

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Erica Nunziata

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