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Voci di donne per un altro Iraq: Il mio posto è ovunque di Silvia Abbà

M. è un’avvocatessa originaria del sud dell’Iraq, ha trentaquattro anni ed è nata durante quella che, secondo Saddam Hussein, avrebbe dovuto essere una guerra lampo contro l’Iran, e rivelatasi poi tutt’altro. Dopo un primo periodo di vita sotto il rigido controllo religioso della sua comunità affacciata sul Tigri, dove la questione femminile viene completamente ignorata e marginalizzata, si trasferisce nella capitale Baghdad, dove intraprende gli studi di legge e dove fonda, nel 2017, un’organizzazione di donne che aiutano le donne, finalizzata a supportare le vittime di violenza. Dopo essersi occupata per anni dell’universo femminile e delle violazioni che troppo spesso vengono compiute contro di esso, decide di iniziare a lavorare alle conseguenze dell’ISIS sulla popolazione irachena, in particolar modo su quella percentuale di bambini rubati all’infanzia e trasferiti nelle carceri perché ritenuti affiliati allo Stato Islamico.

La vita di M. si snoda sullo sfondo di un Iraq martoriato, negli anni, da guerre continue: quelle dal 1980 all’1989, l’invasione del Kuwait, il 1991 con la Prima Guerra del Golfo, il 2003 con la Seconda Guerra del Golfo, la guerra civile nel 2006 e successivamente la nascita dello Stato Islamico con la successiva presa di Mosul, conclusa solo nel 2017.

Frammenti di una storia già conosciuta, ritrovata poi sullo schermo delle televisioni, nei libri, nei discorsi sul -mai più -, nell’adirarsi collettivo di fronte ad un territorio che negli ultimi vent’anni sembra non aver conosciuto mai la pace.

Avvicinando l’obbiettivo oltre il disegno meramente geopolitico però, affiora l’umanità tra quel susseguirsi di date ed eventi bellici, e si possono così scorgere le storie di queste donne che con le loro piccole ma grandissime azioni quotidiane hanno fatto della collettività una rete di salvataggio, per tutto ciò che nel loro Paese ancora si poteva salvare e che l’orrore della guerra non è riuscito a corrompere.

La storia irachena, infatti, è costellata di mobilitazioni di donne che, lottando per il propri diritti contro il sistema patriarcale, sono riuscite ad oltrepassare il confine che le circoscriveva al loro misero ruolo di subordinamento e coodipendenza dall’uomo, facendosi spazio e lottando per riuscire a sentirvisi libere al suo interno. Non solo mogli e madri di qualcuno, ma semplicemente donne, padrone di sé stesse e del proprio libero andare.

Così, dagli anni Venti che hanno portato alla nascita di proteste indipendentiste, fino al 2019 con la Rivoluzione di Ottobre detta Thawra Tishreen, mossa dalla giovane generazione irachena e dalla sua stanchezza di fronte ad una vita sotto perenni conflitti e senza futuro, le donne d’Iraq si sono battute per costruire le basi di un nuovo Stato, più democratico e più inclusivo nei confronti delle minoranze e dell’universo femminile.

Vengono così raccontate le battaglie che portano la firma di queste donne coraggiose, come quella di Hana Edward, 75 anni, esponente del movimento femminista iracheno, che in sede di discussione sulle revisioni costituzionali in merito alla pressione per l’aumento del numero di seggi riservati alle donne, davanti ai leader islamisti che le dicono – Questa è la nostra linea rossa -, risponde – Per noi non c’è alcuna linea rossa -.

Risulta chiaro di quanto la società irachena ancora ritrovi sé stessa imbrigliata in dinamiche profondamente ostili al cambiamento e all’inclusività, ma risulta altrettanto limpido come le donne siano in progressiva rinascita, dopo decenni di marginalizzazione, ostracizzazione e silenzio violentemente imposto da un regime dittatoriale e dinamiche sociali che le ponevano in ultima fila nei processi decisionali, anche su ciò che perteneva proprio a loro.

Nonostante la continua interposizione governativa e dei fondamentalisti, le donne irachene alzano la voce in una incessante e sempre più inclusiva rivendicazione al diritto di scelta, e di esistenza. Non attraverso l’uomo, non a favore dell’uomo, non grazie all’uomo. Solo per sé e attraverso sé, intessendo preziosissime alleanze che confluiscono, come ogni potere individuale, in un grande io collettivo, che sa di sovversione, di epoche nuove e di futuro, in un Paese ancorato ad un passato di conservatorismo settario e piegato da una guerra continua, la cui eredità risiede nelle macerie e nelle ferite fisiche e morali della sua popolazione.

La lotta di M., e delle altre coraggiose donne che come lei prendono parte a questo grande agire collettivo che pone le basi sulle quali il futuro dell’Iraq si poggerà, è raccolta nel libro Il mio posto è ovunque. Voci di donne per un altro Iraq (2023), di Silvia Abbà.

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Francesca Feder

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