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La membrana che rappresenta la donna per intero

Questo articolo vuole essere una riflessione forse un po’ aggressiva, ma ancora necessaria. Parliamo della feticizzazione dell’imene, cioè come la concentrazione non sia sulla donna ma su una parte, nemmeno così importante, del suo corpo. Feticizzare l’imene significa esaltare in modo fanatico una membrana come prova di purezza e castità. Vedremo come non ci potrebbe essere nulla di più sbagliato nel caricare una piccola parte dell’organo riproduttivo femminile di significati sociali e morali.

Lezioni di anatomia: cos’è l’imene

L’imene è una membrana mucosa sfrangiata presente nella cavità vaginale della donna. E’ una membrana circolare estensibile e può avere diverse varianti (non è uguale per tutte le donne). Non si tratta di un sigillo da aprire o “deflorare” in quanto nella maggior parte dei casi presenta già una perforatura.

Ci possono essere dei casi in cui questa membrana non sia perforata su cui si interviene effettuando un piccolo intervento volto a modificare questa condizione per permettere le fuoriuscite di secrezioni e del ciclo mestruale successivamente.

Nei primi anni di vita l’imene risulta essere più spesso, per proteggere il canale vaginale (molto delicato) dalla sporcizia. Con l’andare avanti degli anni questa membrana si fa più sottile e si lacera spontaneamente. L’imene non c’entra nulla nemmeno col dolore della prima volta, dovuto piuttosto ad una penetrazione troppo brusca e/o alla scarsa lubrificazione.

L’imene non è il sigillo posto nei barattoli della nutella. Ogni donna possiede questa membrana e nel momento del rapporto penetrativo succede che si porta al limite l’elasticità dell’imene che subisce quindi delle ferite o lacerazioni. Che in ogni caso si rimargineranno. L’elasticità dell’imene si può superare facilmente e per questo può succedere per esempio anche praticando sport o altre attitivà quotidiane.

Questo per chiarire che, a livello fisico, durante un rapporto penetrativo, non succede nulla di particolare. Non c’è nulla che si rompe né che si deve deflorare. Ed è il motivo si va a sfatare anche un altro mito: si possono utilizzare assorbenti interni e coppette anche nel caso non si siano mai avuti rapporti sessuali penetrativi.

Tenendo presente queste informazioni possiamo affermare che l’imene non è assolutamente una prova di “purezza”, essendo che in certi casi anche donne che hanno partorito presentano un imene pressoché intatto.

Un costrutto che distrugge le nostre esistenze

“Come capire di essere vergine”

“Il rito di passaggio”

“Perdere la verginità: tutto quello che devi sapere”

“Perdere la verginità a causa della masturbazione”

“La perdita della verginità è un evento unico”

Si parla in maniera quasi ossessiva della perdita quando in realtà si tratta più dell’entrata nel mondo della sessualità adulta. Una perdita per la donna, una conquista per l’uomo, che finalmente è al pari dei suoi amici.

La pressione sociale legata alla verginità si presenta diametralmente opposta tra donna e uomo. Nel caso della prima è qualcosa da conservare gelosamente, da donare alla persona giusta, è un’idea ancora legata al dolore e ad un dovere morale. Nel caso dell’uomo la verginità rappresenta un ostacolo: qualcosa di cui disfarsi il più in fretta possibile (non per forza con la persona giusta visto che in epoca fascista i padri portavano i loro figli presso le case di tolleranza). Per entrambi un rito di passaggio con conseguenze diverse.

Oltre alla pressione sociale che la condizione di verginità comporta altre decine di fantastici titoli che si trovano cercando su Google ci spiegano come l’aspetto dei genitali femminili possa essere in grado di raccontare la storia sessuale di una donna. Peccato non sia affatto così.

Il concetto di verginità (che ricordo essere totalmente psicologico) non ha nulla a che vedere con un qualunque cambiamento di tipo fisico. La Treccani individua lo stato di verginità in una persona che non ha mai avuto rapporti sessuali. La terminologia usata è corretta perché tiene conto del fatto che la sessualità non è composta solo da rapporti penetrativi.

La verginità però è sempre stata strettamente collegata al rapporto penetrativo da parte dell’uomo sulla donna, come dimostrazione di potere e superiorità. E’ la donna quella che deve giungere al matrimonio illibata, con la prima notte di nozze che si conclude con la messa in mostra delle lenzuola con il segno del sangue perso (che nemmeno questo accade così spesso come si pensa).

La donna che perde la verginità si guadagna la sottomissione. L’uomo che perde la verginità è un conquistatore. Per l’uomo non c’è un nome dato al primo rapporto, per la donna invece si parla di deflorazione dell’imene. Tutto questo a dimostrare come ci sia una necessità dell’affermazione del maschio che avviene attraverso le femmine.

Ma mettendo da parte i discorsi su come la società patriarcale abbia utilizzato la verginità come mezzo di controllo sui corpi delle donne, noi andiamo alla radice di questo concetto: nulla viene distrutto nel primo rapporto sessuale.

Spoiler

Un imene lacerato non indica necessariamente che la donna sia stata penetrata.

Verginità non è un termine medico o scientifico, ma un costrutto sociale, vale a dire un prodotto della cultura della nostra società volto a far vivere in maniera negativa alle donne il sesso e la loro sessualità.

I test di verginità (aboliti dall’ONU nel 2018) non hanno alcuna valenza scientifica e si basano solo su miti ed ideali di purezza. Eppure in molte culture ancora viene richiesto (dal padre o dallo sposo) il test delle due dita.

Incredibile come l’onore di intere famiglie si basi su una fragile membrana. L’esame dell’imene, attraverso cui si ottiene il certificato di verginità, è una pratica ancora molto diffusa. Nonostante sia una violazione dei diritti umani.

Forse sarebbe ora di finirla di giudicare il valore e l’integrità morale di una donna dalle sue scelte nella vita privata.

Nessuno cerca di comprendere che l’imene non è qualcosa che si rompe, non è una perdita.

Esistono interventi di imenoplastica, ossia la ricostruzione dell’imene, spesso richiesti dalle donne per proteggersi da eventuali accuse.

Smettiamola di concepire il sesso come qualcosa di esclusivamente penetrativo.

Il mito della verginità è la prima grande bugia nei confronti delle donne, per relegarle al ruolo di produrre dei figli (non illegittimi naturalmente).

Possiamo concludere che la verginità sia un fatto psicologico che semplicemente ci trasporta nel mondo della sessualità adulta. Un rito di passaggio che è stato molto romanzato e utilizzato come strumento per controllare la vita delle donne e decidere del loro destino. Facendoci dimenticare che la sessualità non è nata, ma appresa.

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Erica Nunziata

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