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Oluwole

Lo statuto filosofico della tradizione orale: perché avere cura di tramandare i proverbi? 

Se ad ognuno di noi chiedessero di pensare ad una figura filosofica di spicco, quasi certamente questa non solo sarebbe un uomo, ma sarebbe un uomo occidentale che ha scritto opere filosofiche. Lo sguardo colonialista occidentale ci illude da sempre di essere gli inventori della filosofia, esportatori di ideali democratici e pionieri di un sapere “civile”, razionale, capace di livelli superiori di complessità.

Non la pensava così Sophie Bosede Oluwole, filosofa nigeriana nata nel 1935 e cresciuta a Ondo, città che fu tra le ultime città-Stato del popolo Yoruba, prima che gli inglesi colonizzassero tutta la regione dell’ex impero degli Oyo, appunto l’odierna Nigeria. 

Il suo nome originario era Bosede, ma la cultura colonialista dell’epoca volle attribuirle anche un nome anglofono, Sophia, che lei cambiò in Sophie ma che non cancellò mai. Ha sempre rivendicato le tracce anagrafiche e culturali di quel colonialismo che il suo popolo ha subito e continua a subire nella diaspora africana. Fu per lei un monito a chi crede che il passato coloniale si possa cancellare, che possa essere una parentesi di una storia ormai dimenticata. E invece quel nome resiste, è una testimonianza vivente.


Oluwole ha attinto dal nome Sophia un punto di partenza nella ricerca filosofica che per lei si è rivelato piuttosto un punto di ritorno: le basi razionali del pensiero Yoruba. Ha unificato il Corpus Ifá, la raccolta della tradizione orale yoruba che riporta sistemi di pensiero sui concetti di tempo, saggezza, destino e democrazia tramandati dai babawalos, i padri della conoscenza esoterica yoruba.

La filosofa sostenne che se consideriamo Socrate un padre della filosofia occidentale senza disporre di sue opere scritte, perché non abbracciare la filosofia yoruba con pari dignità se ha persistito in una ricchissima tradizione orale? Il Corpus Ifá è un sistema geomantico composto di centinaia di figure e migliaia di versi che riprendono la proverbialità della cultura yoruba, a proposito della quale uno dei primi babawalos, Orunmila, afferma che i proverbi sono “strumenti concettuali di indagine”. 

I proverbi sono il patrimonio di filosofia popolare più saggio e prezioso che abbiamo ereditato per fare esperienza storica immediata dei popoli che ci hanno preceduto. Il dato eccezionale è che si tratta dell’eredità che un popolo lascia a se stesso, un’impronta nella memoria del tempo che non teme di sbiadire tra le pagine ingiallite, né di confondersi tra le righe. Sopravviverà a se stesso perché troverà sempre nuove voci per farsi raccontare, per farsi oralità e coralità. 

Oluwole non ci ha lasciato solo l’eredità e la dignità della filosofia Yoruba, ma ci ha fornito una chiave per accogliere tutte le culture che possono e vogliono raccontarsi, libere dallo sguardo oppressore e colonialista dell’Occidente. Si pensi alla cultura Romaní che, priva di fonti scritte e basata su una millenaria tradizione di oralità, in Italia come in tutto il mondo viene sistematicamente discriminata, considerata indegna di cura, attenzione e tutela, in virtù del pregiudizio razzista e classista che siamo tutti complici nel perpetuare. 


Fonte

Le regine della filosofia. Eredità di donne che hanno fatto la storia del pensiero.
Whiting – Buxton a cura di Gancitano, edizioni Tlon.

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Dominica Lucignano

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