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Foglia d’autunno

Ricordo ancora quel giorno come se fosse ieri, ho sentito qualcosa esplodermi dentro mentre fuori fioriva la magia di una foglia d’autunno.
Ho sempre pensato che non esistessero le mezze stagioni, le mezze parole, le mezze emozioni, fino ad allora.

Il vento soffiava tra i rami degli alberi, spogliandoli a poco a poco con delicatezza delle loro paure e insicurezze. Poi da quella danza scivolò via una foglia, la vidi planare giù, senza paracadute, e posarsi ai miei piedi. Mi chinai e la presi tra le mani, restai ad osservarla in tutta la sua ribelle caducità, e sentì una rivoluzione interiore nascermi dentro. Ne fui travolta e stravolta.

Era leggera come una piuma, ma con l’anima segnata da numerose e profonde venature, quasi fossero cicatrici, reduci da chissà quali battaglie pensai.
Aveva i bordi imprecisi, quasi ad inciampare tra le pieghe dei suoi ricordi: preludi di un mare in tempesta, note taglienti come i suoi sogni nel cassetto, suoni indefiniti nascosti tra i fantasmi nel suo armadio. Provenivano dalle radici del suo essere, pensai.
Mi chiesi quante stagioni avesse vissuto, quanti inverni avesse sopportato, non glielo chiesi mai.

Osservai i suoi colori, come fossero lembi di pelle. Su di essi vidi dipinta una distesa di girasoli, volgevano nostalgici lo sguardo verso quel sole che stava per tramontare, lasciando dietro di sé sfumature rossastre tendenti al rimpianto. Sfiorai quella pelle e un brivido mi percorse la schiena.
Era arte allo stato puro.
Desiderai scoprire quali sfumature portasse addosso in tutte le sue stagioni, non ne ebbi mai modo.

E aveva addosso il profumo di lunghi viaggi, quelli mossi dalla voglia di evadere, assetata di conoscere culture sconosciute, imparare lingue incomprese, pensare in modi impensabili, e tornare affamata di confini ancora inesplorati.
Sorretta dal vento della curiosità, si era mossa nel mondo all’insegna dei suoi ideali, incurante dei dettami stagionali, e si era ritrovata ad essere la sola in mezzo a mille luci colorate sugli alberi innevati. Lì aveva scoperto cos’era l’amore e aveva continuato ad inseguirlo, giungendo fino a me.

Restai lì ad osservarla, mentre il mondo continuava a scorrere distratto sotto ai miei occhi.
Pensai a ciò che avevo tra le mani, in apparenza solo una foglia ingiallita la cui vita volgeva al termine. Ad uno sguardo più attento, però, non sarebbe sfuggita la storia che essa custodiva, fatta magari di battaglie, ferite e insicurezze.
Mentre noi, con presunzione, crediamo di conoscere già la linfa che scorre in certe vene, a partire dalla chioma. Cataloghiamo, etichettiamo, incaselliamo storie di vita altrui, incuranti di ciò che c’è sul fondo, perché nessuno vuole mai sporcarsi le mani con la roba che si deposita lì.
Mi sentì così umanamente piccola di fronte a questa constatazione.

Quella foglia capitata accidentalmente sul mio cammino mi stava donando il suo fondo, il mio sguardo, invece, forse era troppo rivolto al suo sfondo. Avremmo finito per essiccarci sotto i raggi cocenti delle nostre vedute, pensai. Vidi gocce di rugiada farle visita oltre il tempo ordinario dell’alba, disegnando rivoli sul suo pittoresco manto. Sorrisi ad ogni goccia che nasceva, pensando fosse un elisir di lunga vita, ma era solo tanto rammarico quello che scivolava via tra le mie mani, lasciando un retrogusto di nostalgia.
Fino a quando il vento mi sussurrò che forse era il momento di lasciare andare quella foglia.

Allora la tenni sul palmo della mano, tremante. Presi fiato, mi avvicinai lentamente e un soffio ci unì, per un istante. Poi iniziò a volteggiare nell’aria, quasi stesse danzando sulle note di ciò che avevamo condiviso, e la vidi allontanarsi fino a scomparire tra gli alberi del viale.
Avrei voluto chiederle “sei felice?”, senza accorgermi che la felicità era tutta lì, in quel soffio.

Forse i nostri cammini non si sarebbero più incrociati, ma una recondita parte del mio cuore avrebbe avuto impressa sulle sue pareti l’impronta di quella foglia, e i battiti cardiaci avrebbero assunto la frequenza di quei vissuti, rinnovando la linfa vitale che scorre nel mio essere.

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Alessia Gelo

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