Cerca
Close this search box.

GUIDA (MOLTO PRATICA) PER SUPERARE LA PAURA DEL RIMPROVERO

Da che ho memoria, ho sempre avuto una paura esagerata del rimprovero.

Ogni volta in cui mi trovavo nella situazione di dover iniziare qualcosa di nuovo, puntualmente spendevo la maggior parte del tempo a preoccuparmi. Pensavo a ciò che sarebbe potuto andare male, non per me, ma per gli altri. Cercavo costantemente di prevedere anche il minimo errore, la minima esitazione che avrebbe potuto presentarsi. Tutta questa preparazione serviva, ovviamente, ad evitare quegli sguardi e quelle parole di disappunto.  “Non sei abbastanza”, “lascia stare, non sei in grado, faccio io”.

UN ARGOMENTO EVITATO

Io stessa, come chi potrà riconoscersi in questo articolo, ho impiegato molto tempo a capire da dove venissero tutte le mie insicurezze. Pensando alle più banali, tipo “non so disegnare”, alle più importanti e complesse, tipo “non sono abbastanza”. Non voglio proporre un’unica chiave di lettura per le insicurezze di tutti. Spesso però questo loop di inadeguatezza molto spesso è fin troppo radicato e profondo nel nostro Sé. Questo senso di inadeguatezza può finire per entrare a far parte del nucleo con il quale identifichiamo gli aspetti più caratterizzanti della nostra persona.

La mia analisi del problema

Tutta questa necessità di anticipazione e preparazione mi creava disagio. In parte questa sensazione deriva dal fatto che sono una persona che si preoccupa di portare bene a termine un qualsiasi compito mi venga affidato o io stessa mi prefissi… ma non solo.

Crescendo ed analizzando questa tematica, ho elaborato una mia teoria a riguardo. Dai primi anni di scuola, infatti, veniamo spesso rimproverati ed in alcune occasioni anche umiliati da figure professionali che purtroppo non sempre sono all’altezza del loro lavoro. Soprattutto per quanto riguarda le capacità empatiche, trovo che non ci sia abbastanza selezione.

Troppo spesso mi è capitato di incontrare maestri e professori preparatissimi sulla loro materia, ma veramente troppo poco attenti ai sentimenti ed al carattere di ciascun alunno. A causa proprio di questo imprinting malsano che si può creare con figure centrali per la nostra crescita, che siano i genitori, gli insegnanti o un allenatore/trice, si sviluppano poi sofferenze più profonde ed insicurezze che necessiteranno di essere affrontate in età adulta.  

Pensiamo dalla nostra insicurezza che più ci infastidisce, quella che può persino impedirci di fare qualcosa che vogliamo fare. Cerchiamo di individuare il momento in cui abbiamo iniziato a sentirci insicuri o non a nostro agio con questa caratteristica e colleghiamola ad uno o più eventi che hanno scaturito questo senso di inadeguatezza.

Dopo aver analizzato il problema e reso più razionale questo sentimento, possiamo utilizzare diverse tecniche per migliorare la nostra capacità di utilizzare questa skill che per molto, troppo, tempo abbiamo pensato di non avere.

Nell’analisi che propongo non è richiesto di trovare un “colpevole”, a meno che questo non ci sproni  a migliorare e lavorare su questo disagio.

Una delle mie insicurezze

Per me una grande insicurezza è sempre stata la capacità di disegnare. Fin da molto piccola sono stata rimproverata di non essere in grado di disegnare in modo realistico, secondo quello che era il gusto dei miei “giudici”. Le molteplici critiche che ho ricevuto in giovane dalla materna, hanno fatto sì che io abbia disegnato molto poco, per non dire niente, per molti molti anni

Nel mio caso però la situazione è stata sbloccata dal fatto che ho sempre avuto una grande passione per la storia dell’arte. Interessarmi di pittura, scultura, ma anche cinema o fotografia mi hanno aiutato a superare questa insicurezza.

Joan Mirò e la sua arte

Casualmente mi sono interessata alle opere di Joan Miró e ho conosciuto meglio questo artista.  La storia del pittore spagnolo, mi ha fatto capire quanto non fosse necessario saper fare un ritratto con la precisione di Raffaello, per poter essere un pittore e per poter comunicare un messaggio con l’arte.

Joan Miró -artista di fama mondiale, le cui opere sono esposte al Centre Pompidou a Parigi ed al MOMA di New York City- ha raccontato più volte di essere stato etichettato come “non portato alla pittura”, durante i suoi studi. Il nostro protagonista, effettivamente, non aveva un talento per la pittura realistica. 

Il pittore spagnolo però non si è arreso, ha creduto nelle sue idee, nella sua sensibilità e nella sua capacità di trasmettere un messaggio. Mirò ha investito nel suo personaggio ed è diventato uno tra gli artisti più conosciuti al mondo. Purtroppo, la storia di Joan Miró non è la storia di chiunque provi a realizzare un sogno. Bisogna dunque essere realisti e prendere atto del fatto che, nonostante gli sforzi, il risultato possa non essere esattamente quello atteso.

La fiducia in se stessi porta dove pensiamo di non poter arrivare

Probabilisticamente parlando, tutti siamo in grado di raggiungere un risultato vicino a quello desiderato, ma non tutti siamo pronti ad interfacciarci con il rimprovero, metterci in gioco e rischiare il fallimento per ottenere quel determinato risultato. Questo accade molto spesso perché siamo bloccati dalla paura di non avere sufficienti capacità per arrivare alla meta desiderata.

A causa di una costante mancanza di riconoscimento dei nostri sforzi, possiamo andare incontro ad uno stato depressivo. Tutto ciò comporta una riduzione della motivazione che proviamo nel cercare di ottenere la ricompensa.

Il sistema dopaminegrico encefalico come alleato della soddisfazione personale

Fortunatamente il sistema di gratificazione del nostro encefalo funziona grazie al rilascio di dopamina. Questo neurotrasmettitore viene rilasciato a seguito di stimoli estrinseci ed intrinseci. Grazie a questo meccanismo di reward siamo anatomicamente e biologicamente in grado di provare piacere, indipendentemente dalle reazioni altrui al nostro comportamento.

Gli stimoli estrinseci sono importanti, anche se non fondamentali, per questo circuito e di conseguenza per la nostra soddisfazione nella vita di tutti i giorni. Riprendendo una frase spesso utilizzata in maniera leggera, “Noi stessi siamo gli artefici della nostra felicità” e la dopamina ce lo ricorda. Un semplice evento, anche insignificante per gli altri, per noi può essere fonte di piacere.  

Congratularsi non ci rende ridicoli

Sarebbe facile poter pensare di non cercare mai conferma negli altri. Purtroppo, tutti abbiamo bisogno di approvazione, chi più chi meno. Allora io mi chiedo: ma se al mondo siamo circa otto miliardi, perché dobbiamo far finta di essere soli e negarci questo aiuto reciproco? Perché storicamente sembra così difficile incoraggiarci e sostenerci?

Concludendo, vorrei sottolineare che, prima di tutto, questo pensiero critico è importante svilupparlo per poter lavorare su sé stessi, ma questo non ci pregiudica la possibilità di aiutare anche le persone che incontreremo nel percorso di vita. Purtroppo, non capita tutti i giorni di sentirci apprezzati e gratificati per il nostro impegno. Alcune culture, più di altre, danno maggior importanza alla capacità di sopportazione che ci viene insegnata negli anni di studio o nella vita che quotidianamente viviamo, rispetto al riconoscimento dei nostri sforzi. Troppo spesso la gentilezza è sottovalutata, i complimenti e la gratificazione sono sottovalutati. “Perché tanto si impara di più lavorando duro e non quando ci dicono bravi”, “perché tanto si può sempre fare di più” e personalmente trovo che questo mindset molto popolare nella nostra società, possa anche essere molto dannoso.

Alla luce di ciò, esorto noi adulti a comportarci gentilmente gli uni con gli altri ma soprattutto con i bambini ed i ragazzi, per spezzare questa catena di frustrazione e rimproveri. Si dovrebbe carcare di far crescere le nuove generazioni in un ambiente più sano. Proviamo di scegliere un comportamento assertivo, piuttosto che aggressivo-passivo e pronto a rimproverare il minimo errore.

Picture of Lavinia Pascariello

Lavinia Pascariello

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

Nuovomondo

Racconti, Rubriche

Ancora sullo schwa

Attualità, Letteratura

Il diritto di essere brutte

Attualità, Bellezza, Femminismo

PrEP contro HIV: fa per te?

Salute, Sessualità

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Alle origini della violenza: lo stupro nei miti dell’antichità classica

Dal bookclub Storie di corpi – Melissa Broder “Affamata”