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Gestazione per altrə: senza leggi resta solo quella del mercato

Maternità o gravidanza surrogata?

L’ultimo libro di Michela Murgia pubblicato questo mese per Rizzoli “Dare la vita” ha riacceso in Italia il dibattito sulla cosiddetta maternità surrogata, termine che la Murgia trova inesatto e incoerente con le conquiste civili di emancipazione ottenute dalle donne nel secolo scorso. Così come tale progresso ha permesso di scindere la gravidanza dal desiderio di maternità, sia attraverso l’aborto che attraverso la rinuncia alla potestà genitoriale, allo stesso modo la gestante non sta praticando la maternità, che resta un atto di volontà, ma più precisamente una gravidanza surrogata. Le parole sono importanti, perché se scegliamo automaticamente di attribuire maternità a una gravidanza stiamo non solo operando una decisione sul corpo di una donna al posto suo, ma stiamo anche ammettendo che esiste una maternità vera che è quella biologica e una meno valida che è quella frutto di un’adozione.

Gravidanza solidale per altrə

Il modello europeo più praticato e ammesso in quattro Paesi (Cipro, Grecia, Paesi Bassi e Portogallo) è quello della gravidanza altruistica e non il modello commerciale, come ad esempio quello previsto negli Stati Uniti, dove oltre al rimborso delle spese connesse direttamente o indirettamente alla gravidanza (previsto dal modello solidale) sono garantiti anche compensi extra alle gestanti.

La gestazione per altrə in Europa. Fonte: Il Sole24Ore e Associazione Luca Coscioni

In Italia la commercializzazione di gameti o embrioni è espressamente vietata dalla Legge 40/2004 che nell’articolo 12 comma 6 recita chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

L’associazione Luca Coscioni che dal 2002 è impegnata nella promozione estensiva del diritto alla salute e all’autodeterminazione, ha contestato le incongruenze di questa legge che non definisce esattamente in che consiste e quali siano i limiti etici e biologici della cosiddetta maternità surrogata. L’ultimo aggiornamento della proposta di legge che l’associazione ha depositato è dello scorso maggio 2023 e prevede che sia almeno discussa la possibilità di regolamentare la formula solidale, la quale non stravolgerebbe l’attuale legge in vigore, ma permetterebbe tutela legale alle famiglie che si formano sulla base di tale scelta.

Le contraddizioni delle ragioni economiche

Michela Murgia nel suo “Dare la vita” ha affermato che esiste un parallelismo tra la possibilità di abortire per ragioni economiche (indicate nell’articolo 4 della legge 194/1978 tra le ragioni valide per consentire l’IVG) e la possibilità di proseguire una gravidanza per quelle stesse ragioni economiche.

Entrambe le scelte sono definite “interruzioni di una relazione biologica” e le ragioni economiche le possono motivare entrambe. Se è vero che nel mondo 9 donne su 10 che praticano la gestazione per altrə non la sceglierebbero se non per motivi economici, proibirla non farebbe altro che spostare il tutto nel sottobosco della clandestinità. E se prima le donne povere avrebbero potuto trarne vantaggio, ora senza tutele legali e con maggiori rischi derivanti da una gravidanza senza garanzie di cure adeguate, proveranno a trarne vantaggio altre donne: quelle poverissime, poiché non avrebbero nulla da perdere. Se idealmente eliminassimo le disparità sociali resterebbe comunque la possibilità che poche donne pratichino la gestazione per altrə in maniera solidale, ma purtroppo la disparità sociale esiste e queste donne che possono permettersi di essere solo altruiste sono probabilmente occidentali e ricche.

La povertà va arginata attraverso le politiche sociali dello Stato volte a colmare le disparità laddove queste costringono donne e uomini a lavori che non farebbero se non si trovassero in stato di necessità. Vale per il lavoro sessuale come vale per il lavoro di cura che le colf dell’est Europa sono costrette a svolgere nel nostro paese privandosi della loro vita affettiva e familiare. Vale anche per la gestazione per altrə.

Vivere in una società fondata sul capitalismo non ci rende persone libere. Vivere in una società capitalista e patriarcale ci ha dato l’illusione di un’emancipazione e di una libertà che in realtà in gran parte si realizza a spese dell’emancipazione di altre donne. In questo sistema siamo soggetti inevitabilmente a leggi di mercato, ma non possiamo lasciare che queste siano quantomeno le uniche regole in vigore, perché da sole sono più spietate.

Se riconosciamo nella gestazione per altrə un percorso globalmente praticato, l’assenza di leggi che lo regolamentino, illustrandone limiti e possibilità, è inaccettabile. Legalizzare questo percorso permette di definirne anche le problematicità laddove ci sono, come ad esempio l’orrore dell’idea di un feto-merce “acquistato” solo se conforme a determinati standard. Nell’evenienza in cui unə bambinə concepitə attraverso la gestazione per altrə sia malatə, è lecito imporre l’aborto alla gestante? Ovviamente no. Se lə bambinə è malatə e diagnosticatə dopo la nascita i genitori richiedenti possono dileguarsi senza conseguenze legali? Ovviamente no. Ma finché non c’è la legge appropriata questi “no” restano solo i buchi neri in cui abbiamo rinunciato ad affrontare un dibattito di pubblico interesse, pur di non dover fronteggiare l’ansia morale che la cultura eteronormata accende sulle questioni che riguardano il corpo della donna.

In copertina le Madonne di Nicoletta Saracco

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Dominica Lucignano

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