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“In the name of religion”

Nell’incessante processo di purificazione che la vede reincarnarsi, l’anima attraversa un percorso. Ma cos’hanno a che fare con essa le prostitute religiose?

Yellamma è una dea adorata in India. E’ considerata la madre dell’universo ed ogni anno centinaia di migliaia di pellegrini viaggiano verso i suoi templi. Conosciuta anche come Renuka, questa dea della religione induista ancora accoglie tra le sue braccia giovani ragazze e bambine. Sono le sue spose, le sue ancelle. Devadasi significa ancella di Dio ed è il nome dato a coloro che sono date in spose ad una divinità.

Cercando Devdas ci si imbatte nel famoso film del 2002 realizzato a Bollywood, mentre scrivendo nella barra di ricerca Devdasi compaiono i volti di bambine spaurate vestite a festa. Dietro questa tradizione che porta nei templi delle ragazzine si nasconde una realtà di sottomissione e sfruttamento. Una realtà che utilizza la religione e le credenze di un popolo per sfruttare i corpi delle donne.

La dea Yellamma

Cosa significa essere una Devadasi

In origine rappresentava un ruolo di prestigio. Le donne date in spose alla divinità erano considerate strettamente connesse con loro ed erano le depositarie dell’arte e della cultura. Possedevano doti di canto e ballo ed il loro compito era servire il tempio e intrattenere chi passava presso il tempio con danze e spettacoli. Godevano di una notevole influenza ed erano considerate al pari della divinità in quanto loro mogli.

Con l’invasione del popolo britannico in India tra 1700 e 1800 questa situazione si capovolse irrimediabilmente. Nell’ottica dell’invasore il sistema delle Devadasis era un qualcosa di umiliante e contro le regole del buon costume, per cui furono proibite. Ma sappiamo che solo perchè una cosa è proibita dalla legge, soprattutto nel caso di tradizioni che vanno avanti da secoli, non vuol dire che si smetta di praticarla. Le Devadasis continuano ad esistere, seppure la loro condizione sia di gran lunga diversa rispetto a com’era in origine.

Credo ci sia molta confusione sull’idea che la loro condizione sia realmente cambiata a causa del colonialismo britannico o se in qualche mondo fin dal principio fosse una tradizione basata sulla soddisfazione e sui bisogni maschili, più che sulla reale posizione di potere di queste donne. Sicuramente l’influenza dell’allora impero britannico ha fatto sì che la loro condizione peggiorasse.

Le Devadasis sono quindi ragazze giovanissime, minorenni, dedicate come mogli alle divinità ed è un matrimonio da cui non possono sfuggire, che durerà per tutta la loro vita. Yellamma è per l’appunto una di queste divinità.

Ad oggi le Devadasis sono considerate delle prostitute religiose, perchè il loro compito primario è quello di soddisfare gli uomini in nome della religione, soddisfando le loro ‘esigenze’ e permettendo loro di concentrarsi sulla spiritualità. Ovviamente questa è la facciata di un mercato del sesso che utilizza la religione come mezzo per guadagnare pezzi di carne.

Se anni prima erano simbolo di divinità e rispetto, in seguito alla colonizzazione la loro condizione si è ribaltata. Da donne influenti, leali e con un certo potere, diventano schiave legate a vita dal giuramento del matrimonio. Certo, nemmeno in origine avevano la possibilità di sposarsi, ma potevano avere i partner che preferivano.

La loro condizione, in seguito alla colonizzazione, si complica.

Il bracciale verde, simbolo di riconoscimento delle Devadasi

Prostituzione minorile

Sono poche le informazioni che il governo indiano lascia trapelare riguardo alla prostituzione minorile. La situazione a riguardo è la seguente: la prostituzione, come in Italia, è legale, ma non lo è il favoreggiamento ad essa, per cui la presenza di luoghi dove si pratichi questa professione è reato. Il governo però non pare particolarmente interessato a impedire o sradicare i cosiddetti quartieri a luci rosse. Anzi, ogni città ha il suo ghetto di prostituzione, ad esempio Calcutta ha Sonagachi, uno dei quartieri più grandi in Asia dove si trovano bordelli e sex workers. Il confine tra Maharashtra e Karnataka (sud-ovest dell’India) è chiamato cintura di Devadasi, per la quantità di strutture che operano nel mondo della prostituzione.

La prostituzione, come d’altronde il turismo sessuale che la incentiva, è un grosso problema per queste regioni: le donne non sono ne tutelate ne controllate e come sempre le pretese maschili sovrastano qualsiasi bisogno femminile.

Le Devadasis, vendute dalle loro famiglie ancora bambine, costrette a soddisfare uomini più anziani di loro, quando arrivano a non essere più utili presso i templi si ritrovano sbattute in strada. Il tempio della dea è solo una scusa per permettere agli uomini di fare ciò che voglio con i corpi delle donne e far loro accettare il loro destino utilizzando la religione e il dovere come pretesti.

La dea Yellamma è solo un capro espiatorio, che porta queste ragazze dai loro villaggi ai templi ed infinite ai quartieri a luci rosse delle città, dove il sesso costa quanto una birra. Non possono fare ritorno alle loro case d’origine ne pensare di sposarsi con un uomo. Moltissime di loro contraggono malattie sessualmente trasmissibili e sono positive all’HIV e passano l’infezione anche ai loro figli.

Insomma il governo non fa nulla per prevenire il fatto che le famiglie vendano le loro figlie ai templi, ne per tutelare la vita e la salute delle prostitute.

Specchio riflesso: la condizione delle Devadasis riflette un disequilibrio sociale

Attualmente le Devadasis sono state ridotte a schiave del sesso, costrette a cedere i loro corpi in nome della religione. Spesso sono ragazze di appena 10/13 anni, di bassa estrazione sociale. L’iniziale e rispettata tradizione si è ormai trasformata in una non così rara discriminazione basata sull’appartenenza ad una casta più bassa. Le ragazze appartenenti alle famiglie più povere ed analfabete vengono offerte nella speranza di un miglioramento, ma sono in realtà sfruttate come prostitute all’interno di un grande mercato del sesso.

Nonostante questa pratica sia stata abolita, ancora un sacco di ragazze in età prepuberale vengono dedicate alla dea Yellamma ogni anno. Questa tradizione è generazionale: lo sono state le bisnonne, lo sono le madri e lo saranno le figlie. Tutto questo rientra nel circolo vizioso del sistema a caste dell’India e nella convinzione per cui donare la propria figlia avrebbe potuto permettere loro di nascere in una casta più alta in una prossima vita.

Bambina presentata al rito del matrimonio con la dea

Le ragazze delle caste più basse/povere sono private di una vita dignitosa e costrette a soddisfare i ‘bisogni’ degli uomini. Il caste system non è solo divisione sociale, è anche discriminazione nei confronti delle donne e sfruttamento dei loro corpi.

Partiamo con il sottolineare che si tratta di una struttura antichissima e gerarchica che stabilizza e contestualizza vari livelli di stratificazione a carattere sociale. Tenendo conto di questo presupposto questo sistema, seppur soppresso dal 1950, influenza ancora:

-ripartizione dei posti di lavoro

-dinamiche politiche

-circolazione dei beni

-ha le proprie basi su regole religiose molto radicate. Per esempio: se sei membro di una casta inferiore sei stato un peccatore nell’incarnazione precedente.

Possiamo affermare che il caste system sia solo una palese offuscazione di una disuguaglianza sociale di base perpetrata per millenni attraverso rigide regole quali il sposarsi solo con membri della propria casta e non l’impossibilità di passare da una casta ad un’altra.

Purtroppo nonostante il ribaltamento della condizione di Devadasis e nonostante il sistema causi un’enorme discriminazione moltissime persone restano ancorate alle loro credenze. La speranza, sposando Yellamma, è ancora quella di ricevere una maggiore prosperità.

Si stima che ancora 70.000 donne vivano da Devadasis.

Approfondimenti:

https://www.youtube.com/watch?v=Q0k_-fRRgVo

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Erica Nunziata

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