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Beatrice Cenci tra soprusi e violenze: finché morte non ci separi

Oggi ricorre l’anniversario di nascita di Beatrice Cenci, giovane nobildonna romana, tristemente conosciuta per la sua pubblica esecuzione, poiché colpevole, insieme ad altri, dell’omicidio del suo violento padre. Da quel momento in poi, rimarrà alla storia come eroina tragica, sia nella cultura popolare che in quella letteraria, artistica e musicale.

Una storia di violenze

Beatrice Cenci nasce a Roma il 6 febbraio 1577, figlia di Francesco Cenci ed Ersilia Santacroce. Alla morte della madre, avvenuta quando Beatrice aveva sette anni, il padre affida la sua educazione alle monache di Santa Croce a Montecitorio.

Tornata in famiglia all’età di quindici anni, Beatrice fa i conti con la violenza familiare perpetrata dal padre, che nel 1593 si risposa con Lucrezia Petroni. Francesco Cenci è un uomo dissoluto ed efferato, sia in società che in famiglia. A causa dei continui abusi subiti, Beatrice scrive una lettera a papa Clemente VIII, chiedendogli aiuto per liberarsi dal controllo paterno. Conoscendo le efferatezze di Francesco, il papa prova a combinare un matrimonio a Beatrice, ma lui rifiuta. Infatti, il padre è ossessionato dal controllo su Beatrice e non intende pagare ingenti somme per un’ eventuale dote. Nel frattempo, entra in carcere a causa delle sue nefandezze e, una volta uscito, nel 1595, segrega Beatrice e sua moglie in un castello a Petrella Salto (RI).

Da lì, con la complicità del servo Marzio da Fiorano, Beatrice invia delle lettere di richiesta di aiuto ai fratelli e ad uno zio. Il padre, scoprendone una, la raggiunge al castello e la picchia, confinandola in isolamento nei piani più alti del castello. Successivamente, Beatrice cerca l’aiuto dell’amministratore Olimpio Calvetti e del fratello Cristoforo, già impegnato a Roma per cercare di sottrarre i fratelli minori alle angherie paterne.

Nel 1597, Francesco Cenci decide di trasferirsi definitivamente a Petrella Salto, segnando l’incremento delle violenze nella vita di Beatrice. Esasperata da questa situazione, organizza il parricidio con la matrigna, alcuni fratelli, l’amministratore e il servo delle lettere. Nel 1598, viene ritrovato il cadavere di Francesco. Per volere del papa, cominciano delle indagini, effettuate torturando i sospettati. Confessato il delitto, insieme alla matrigna, Beatrice giunge nel carcere di Corte Sorella. Il papa nega loro la grazia, condannando a morte Beatrice, suo fratello Giacomo Cenci e Lucrezia Petroni. Il giorno 11 settembre 1599 Beatrice Cenci viene decapitata, in una gremita piazza Castel Sant’Angelo. Ad assistere, tra il pubblico, c’è anche una giovane Artemisia Gentileschi.

Il ricordo di Beatrice Cenci

Nei secoli, le opere di artisti e letterati di tutto il mondo ricordano la vicenda della giovane. In letteratura ne viene fatto il soggetto di varie tragedie, a partire da Percy Shelley1 fino ad arrivare ad Alberto Moravia2. Di recente, le è stata dedicata una prosa poetica di Sabrina Gatti3:

Tu vittima tramutata in carnefice… Carnefice di un demonio,
che non meritava nemmeno di esistere, inutile peso per la Madre Terra,
per il suo corpo perfetto,
perfetto come il tuo, che quel figlio dell’inferno, cui la legge degli uomini
da indegnamente il nome di padre, ha posseduto con furia,
con violenza, e con la gioia
che solo l’ultimo demone degli inferi può provare,
avendo, anche il disgustoso ed inumano, plauso della legge e del potere,
come se abusare della propria figlia fosse normale, un diritto naturale,
e che per vendicarne la giusta morte, in olocausto una vittima innocente, gli ha offerto,
colei che non era degno neppure di guardare […]

Nell’arte figurativa, Ginevra Cantofoli, pittrice bolognese, ritrae Beatrice in un dipinto; Harriet Hosmer, scultrice americana, la raffigura nel marmo.

Una riflessione

Beatrice Cenci ha vissuto un’esistenza segnata da soprusi e violenze. Per tutta la vita, ha chiesto aiuto ai vari uomini che conosceva, poiché, in quanto donna, le era negata ogni facoltà decisionale. Abbandonata da una società che non ha saputo offrirle alternative, nonostante fosse vittima di violenze, prigioniera fisicamente e moralmente, ha finito con l’uccidere il proprio aguzzino.

Dalla sua esecuzione, la sua storia è stata raccontata, rivisitata e ricordata molte volte e in diversi modi. Il motivo potrebbe nascondersi dietro al fatto che, per tutto questo tempo, in ogni secolo, la vicenda di una donna vittima di violenze, inascoltata dalla società e dalla giustizia, è rimasta sempre attuale. Purtroppo, come ben sappiamo, lo è ancora oggi.

  1. I Cenci, Percy B. Shelley, 1819. ↩︎
  2. Beatrice Cenci, Alberto Moravia, 1955. ↩︎
  3. 11 settembre 1599. A Beatrice Cenci, Sabrina Gatti, 2020. ↩︎
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Maura Catania

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