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La voce delle donne in Kenya

La manifestazione del 27 gennaio

In Kenya, il 27 gennaio, si è tenuta una grande manifestazione contro la violenza sulle donne. Migliaia di persone hanno manifestato in diverse località per protestare contro i femminicidi e le violenze di genere. A scatenare la rabbia e lo scalpore sono stati una serie di femminicidi avvenuti dall’inizio di gennaio terribilmente violenti, inumani. 

Questa manifestazione è la più grande che sia mai stata organizzata in tutto il paese contro le violenze di genere. In tale occasione diverse associazioni per i diritti delle donne hanno ripreso a farsi sentire.

Manifestazione contro la violenza di genere, 27 gennaio, Kenya.

Femicide count Kenya è un’associazione che si occupa di contare, dare un nome ed una storia a tutte le donne che hanno subito una violenza. Secondo le loro statistiche nel 2023 c’è stato un picco di 150 casi (numero che in realtà potrebbe essere molto più alto a causa dei casi non denunciati). Un sondaggio mostra che il 34% delle donne keniane ha detto di aver subito violenza fisica nel corso della loro vita. I maltrattamenti più diffusi sono quelli che avvengono all’interno del matrimonio stesso, infatti in Kenya lo stupro coniugale non è considerato un reato. 

Durante la protesta i manifestanti avanzavano inferociti, indossando le magliette con i volti delle vittime. La rabbia è trasversale, nei confronti del governo, del parlamento, della giustizia. La folla accusa la rappresentante parlamentare delle donne Esther Passaris, di essere rimasta silenziosa dinanzi alla tragedia di queste morti. I tribunali a loro volta sono colpevolizzati per perdere troppo tempo nell’esaminare i casi di violenza di genere, non scoraggiandone dunque l’attuazione.

Una cultura misogina

Nonostante sia innegabile la necessità di un intervento politico, bisogna riconoscere che le radici di questo fenomeno risiedono nell’ideologia, nella cultura e nel modo di pensare dei vari attori sociali. 

Infatti, uno degli aspetti più preoccupanti dei femminicidi in Kenya è il substrato ideologico che li sorregge: la diffusa misoginia. Questo atteggiamento di avversione verso le donne è percepibile sia nella vita quotidiana sia online. Sui social, spesso, le donne vittime di tali violenze sono dipinte come parzialmente colpevoli di ciò che gli è accaduto. Così lo sdegno provocato dalla crudeltà di certe azioni viene velocemente sostituito da un silenzio accondiscendente. Una minimizzazione dell’atto commesso a sfavore della vittima. Molti noti influencer tendono ad alimentare questa narrazione misogina, come Andre Kibe o Eric Amunga, detto Amerix. Essi, pubblicando questo tipo di contenuti, trovano nel loro pubblico giovani maschi inappagati e ne fomentano lo scontento. Presentano l’emancipazione femminile come una delle principali cause delle loro difficoltà lavorative e della mancanza di opportunità. 

La consolidazione e diffusione di questo modo di pensare trova sostegno anche nelle chiese evangeliche. Queste predicano contro il femminismo e contro qualsiasi movimento che vede nell’uguaglianza di genere un pilastro fondamentale per uno sviluppo sano e progressista della società. 

L’importanza delle donne nell’economia keniana

Questa ideologia fondamentalmente maschilista è sintomo di una cultura radicata in Kenya, dove la figura della donna è sminuita. Il peso delle tradizioni è così gravoso da far sì che nella maggior parte del paese ci sia ancora una divisione tradizionale dei ruoli tra i due sessi. Nonostante ciò, le donne rappresentano una forza lavoro inestimabile. Oltre a svolgere interamente il lavoro domestico, esse rappresentano circa il 78% della forza lavoro agricola. Inoltre, un compito legato esclusivamente alle donne è quello della raccolta dell’acqua in quanto elemento base per lo sviluppo rurale. Le donne infatti trascorrono gran parte del loro tempo ad incamminarsi verso i pozzi, per prendere le quantità d’acqua necessarie all’approvvigionamento della famiglia e al lavoro agricolo. 

Da questo punto di vista le loro conoscenze sono fondamentali nella vita quotidiana e nei progetti per le infrastrutture idriche per economizzare e preservare le risorse idriche del paese.

In questo modo il tempo per altre attività, tra le quali la più importante, l’istruzione, viene meno. Il limitato accesso all’educazione e all’istruzione fa sì che le donne non riescano ad essere competitive nel mondo del lavoro e che vengano ostacolate nell’avanzamento della loro carriera. Ciò le rende economicamente dipendenti dalla famiglia di origine prima, dal matrimonio poi. 

Il fatto che il ruolo della donna sia rimasto quasi esclusivamente legato a quello domestico, dipende anche dal fatto che la legge non tutela la parità dei diritti di proprietà all’interno del matrimonio. Quindi a causa di antiche leggi ambigue e di costumi discriminatori le donne separate, divorziate o vedove hanno gravi difficoltà nel rivendicare le proprietà a cui teoricamente le leggi attuali le danno diritto.

Inoltre il valore economico del loro lavoro non è riconosciuto, poiché lavorare rappresenta tradizionalmente la condizione naturale della donna dalla sua nascita. L’esclusione delle donne dalla forza lavoro del paese è una delle cause fondamentali della sua arretratezza economica. 

L’impatto del lavoro femminile nell’economia

Secondo i principi della Womenomics, una politica economica adottata in Giappone e volta ad aumentare il numero di donne nella forza lavoro, la promozione dell’avanzamento economico delle donne serve a migliorare l’economia nel suo complesso.

Anche studi dell’EIGE (European Institute for Gender Equality) sostengono che se la parità di genere venisse garantita in tutti i paesi europei, ci sarebbe un impatto fortemente positivo sul PIL sul lungo periodo. L’analisi del World Economic Forum sul Global Gender Gap Index misura lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere. Essa tiene in considerazione la partecipazione e l’emancipazione politica, il livello di istruzione, la salute e le opportunità economiche in 146 paesi. Non è un caso infatti che i paesi meglio collocati siano caratterizzati da un’economia in crescita. Il Global Gender Gap Index del 2023 classifica il Kenya 77º su 146 paesi, in calo rispetto al 57º dell’anno precedente (World Economic Forum, 2023). 

“Gender inequality is not just bad politics, it is also bad economics” 

Juan Somavia, Presidente dell’International Labour Organization

L’impatto sanitario delle diseguaglianze economiche

Un’altra drammatica conseguenza della disuguaglianza economica di genere si manifesta nella sfera sanitaria. La maggiore vulnerabilità delle donne all’epidemia dell’HIV/AIDS, è dovuta a vari fattori tra i quali un accesso limitato all’istruzione e alle risorse economiche. La povertà e la malnutrizione contribuiscono alla diffusione della prostituzione, resa molto più letale da queste circostanze e da una totale mancanza di protezione sessuale. Infatti il rischio di contrarre il virus è molto più alto nelle grandi città come Nairobi. Qui la maggior parte della popolazione vive nelle slums, dove i servizi igienici sono assenti e gli episodi di violenza sessuale all’ordine del giorno.

Oltre la minaccia di sicurezza pubblica che rappresenta la diffusione dell’HIV, il suo impatto socio-economico è gravissimo. Soprattutto nelle zone rurali, in cui il reddito familiare dipende dal lavoro delle donne, il loro ammalarsi rappresenta un grave problema.

Conclusioni

È evidente come gli episodi di violenza di genere e la sminuita percezione che si ha della figura della donna, rappresentino l’inevitabile manifestazione di una cultura profondamente sessista e maschilista. Una cultura che non va fraintesa con l’etnia, poiché la prima non è innata, non ha nulla a che fare con la genetica. Le culture, le tradizioni e le credenze vengono tramandate e apprese. In questo risiede il loro potere per la speranza di poter innescare un cambiamento, ma anche la loro pericolosità. Esse si insinuano profondamente nel modo di agire e di pensare degli individui risultando estremamente difficili da sradicare. Per questo motivo le leggi, l’attivismo e la diffusione della consapevolezza tra le persone, sono fondamentali per estirpare le radici di una cultura tossica, non solo per le donne ma per l’intera società.

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