
Nel suo ultimo libro, Murata Sayaka torna a scrivere di gravidanza e di sesso e lo fa nel suo modo anticonvenzionale e partendo da Eva.
«Come lo immagini il contrario di Adamo ed Eva?».
Già. Come sarebbe? La domanda del fidanzato di Amane, la protagonista di questa storia, gira attorno alla predisposizione della protagonista verso il sesso, in un mondo in cui l’atto sessuale sta scomparendo dai desideri umani. Il mio sospetto è che ci sia anche altro dietro a questa connessione, ma meglio non affrettare i tempi.
Amame è nata in un giorno di pioggia, come sussurra il suo nome, ed è stata concepita dall’unione e dalla carnalità di due persone che si amano. Uno scempio, in un mondo in cui l’atto del concepimento è stato sostituito dalla fecondazione assistita. Un orrore, considerando che il concetto di famiglia in questo universo è completamente rivoluzionato.
Infatti, qualunque atto passionale tra i membri di una stessa famiglia (compresi moglie e marito) viene condannato come “incesto”, parola che ha subito delle modifiche non indifferenti nel suo significato e che viene riutilizzata in maniera incongrua. Perché, in famiglia, i rapporti devono restare puri (temo che userò tantissimo corsivo oggi) e incontaminati, e qualunque relazione che vada a dar sollievo ai pruriti della carne deve essere ricercata al di fuori del nucleo familiare.
E non solo. Non è necessario obbligatoriamente un altro essere umano. In questo universo parallelo ci si può innamorare di personaggi di fantasia e dichiararne in maniera aperta e spensierata la relazione, senza che nessuno storca il naso o ne additi la stravaganza. Quindi non più un amore come connessione, ma un qualcosa di privato e anche solitario. Userei la parola sterile se non temessi il collegamento con la maternità.
La famiglia è un concetto ricorrente del libro. Per Amame la famiglia è il luogo sicuro, il paradiso al riparo da qualunque dolore, sorpresa, dove riposarsi da una vita sempre più faticosa. Una famiglia piena di affetto e senza amore, dove i sentimenti rientrano in un ventaglio di poche stecche affinché possa garantire una stabilità sospesa senza gli aculei della vita vera.
A casa ho trovato la luce accesa, mio marito era già tornato. Entrare in un posto dove c’è già qualcuno era assai diverso che rincasare in un posto vuoto, nell’atmosfera si percepiva vagamente il calore del corpo di quella persona. Tutto un altro profumo rispetto all’odore di freddo e stantio che respiravo quando vivevo da sola. Amavo quella sensazione. Avevo fatto proprio bene a sposarmi con lui.
Un sistema famiglia anch’esso comunque in perdita di consensi, in uno scenario in cui le persone tendono sempre più voracemente verso l’appiattimento delle emozioni. In cui questi fidanzati immaginari che molti collezionano come caramelle offrono il conforto e le risposte di cui si è convinti di avere necessità e appagano senza costringere a uscire mai dalla propria zona di comfort.
Alcune persone sembrano intravedere al di là dello spesso velo che avvolge tutto, ma non è sufficiente a fare retromarcia. È un tassello dell’evoluzione che vede l’umanità infranta in una confusione intima intrisa di superficialità e mascherata da possibilità.
«Mmh, capisco, ma personalmente quello consumato mi sento io. Tutt’a un tratto ci siamo ritrovati incastrati in questo sistema di pseudo-amore progettato per inculcarci pseudo-sentimenti e farci sperperare soldi in cavolate, ma così uno rischia di mangiarsi un patrimonio! Bah, in fondo, non è in questo modo che gira l’economia? Siamo il target del business dell’amore. Non è certo colpa dei personaggi, questo lo so, ma volevo comunque liberarmene almeno in parte, è per quello che stavo facendo ordine…».
Come se tutto questo non bastasse, a un certo punto c’è un nuovo scatto delle lancette del progresso. Non anticipo nulla per non rovinare la lettura a chi avrà sufficiente coraggio per immergersi nella genialità, ma anche nella vischiosità delle parole di Murata.
Preferisco piuttosto soffermarmi sulla sua poetica. Sembra che i suoi libri visionari siano sempre legati a un desiderio di emancipazione femminile dalla maternità, argomento di cui ha parlato anche in numerose interviste e che viene rivendicato anche a costi infernali. Ma c’è anche l’ansia ricorrente che alcune prospettive di modernità riducano l’essere umano a una creatura prodotta in serie e facilmente omologabile. Un incubo che può spaventare più di molti scenari classici dell’horror.
Sì, dicevo, nel paragone con il paradiso terrestre si nasconde ben altro.
Se Eva si è emancipata dal paradiso terreste con le gioie e i dolori della conoscenza e dell’esperienza, in questo mondo distopico realizzato da Murata Sayaka, le persone se ne spogliano fino a diventare ingranaggi privi di rischi, scelte e individualità.
Un mondo grottesco in cui invece di risolvere i conflitti si decide di liberarsene e il risultato fa tantissima paura.
Il merito indiscusso di questa scrittrice giapponese resta per me l’abilità di creare dei mostri spaventosi dalle ombre della società, portandole a un estremo che ci augureremmo di non vedere mai, ma che forse dobbiamo sforzarci di guardare in faccia per sapere quando scappare, e chissà, magari fare in tempo a salvarci.
Buona lettura.
Vanishing World di Murata Sayaka.
Murata Sayaka ha vinto numerosi premi letterari (tra cui l’Akutagava nel 2016 con “La ragazza del convenience store”) ed è considerata una delle scrittrici giapponesi più interessanti del momento.
Tradotto in italiano da Anna Specchio.