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L’America è lontana, dall’altra parte della luna!

La Corte Suprema degli USA ha ribaltato la storica sentenza Roe vs Wade: non ci sarà più tutela federale per il diritto all’aborto. Quali sono i presupposti storici e le conseguenze di tale atto?

Roe vs Wade

La Roe vs Wade è stata una sentenza storica della Corte Suprema degli USA emessa nel giorno 22 gennaio 1973 e concedeva (non garantiva, attenzione) protezione costituzionale del diritto all’aborto ma in quanto risultato di una sua connessione con il diritto alla privacy: lo concedeva perché lo inquadrava come rientrante in una sfera privata su cui il governo non poteva interferire. Con questi presupposti è dunque sempre stata una tutela debole.

L’aborto precedentemente era illegale ed era stato esplicitamente vietato dopo l’enciclica di Pio IX della seconda metà dell’Ottocento, in cui l’aborto era definito un omicidio. Come se poi si potesse vietare l’aborto… gli aborti nella storia si sono sempre fatti: il valore aggiunto della depenalizzazione della pratica abortiva ha dato sicurezza alla procedura abortiva stessa.

Negli anni ’70, all’epoca della sentenza RvW, in maniera del tutto sorprendente l’aborto non era un tema divisivo: i repubblicani erano infatti a prevalenza evangelica e non cattolici (che erano per lo più democratici) ed erano proprio i cattolici ad avere idee antiabortiste. In California Regan aveva addirittura depenalizzato l’aborto quando ancora ricopriva la carica di governatore dello stato della California.

Le leggi restrittive

A partire dagli anni ‘80 parte un’ondata di avversione all’aborto sostenuta stavolta anche dalle destre evangeliche oltre che cattoliche: i singoli stati USA propongono 1336 restrizioni all’aborto nello spazio di manovra concesso dalla RvW. Non potendo esplicitamente vietare l’aborto, molte restrizioni riguardano la datazione dell’epoca gestazionale nella quale è possibile praticare IVG.  

Le indicazioni per la praticabilità si rifanno a diversi criteri come quello della possibilità del feto di sopravvivere al di fuori dell’utero. Ovviamente con il tempo e il progresso della medicina questa potenzialità è cresciuta e ad oggi si considera il limite di 23-24 settimane, prima delle quali il feto non può sopravvivere al di fuori dell’utero e la questione etica non lo considererebbe dunque al pari di un individuo. Resta di fatto che nella pratica l’IVG in oltre il 90% dei casi in USA avviene entro la 13esima settimana. Le strategie restrittive messe in campo per ovviare alla RvW sono state quindi quelle di porre un limite arbitrario all’accesso all’ivg: alcuni stati fino alla 15esima, altri fino alla 13esima, altri ancora fino alla 6a settimana. Altro criterio per la restrizione è stato quello di promulgare le cosiddette “leggi sul battito”: il battito fetale viene ad essere considerato prova di vita autonoma, ma questo è un criterio estremamente problematico perché il battito fetale si può sentire già dalla 6a settimana!

L’obiettivo era riportare la sentenza RvW davanti alla Corte Suprema, che storicamente negli USA risolve controversie tra i vari stati. Ad esempio, in Missisippi il limite era posto a 15 settimane, in Oklahoma la questione è trasferita interamente alla sfera religiosa perché il limite è ritenuto quello del giorno 0, si considera l’inizio della vita il giorno del concepimento. Ventisei stati hanno quindi preparato il terreno per l’abolizione dell’aborto sicuro promulgando le cosiddette “trigger laws”, leggi restrittive che sarebbero potute entrare in vigore non appena fosse avvenuto il ribaltamento della RvW.

Arriviamo ai giorni nostri: in questo giugno 2022 le loro previsioni si sono avverate. Ventisei stati renderanno illegale l’aborto o porranno ad esso severe restrizioni. Quasi il 60% delle donne statunitensi vivrà in uno stato ostile all’aborto e dovrà spostarsi in media 400 km all’andata e 400 km al ritorno per interrompere una gravidanza in sicurezza.

E l’Italia?

In Italia la situazione è molto diversa perché fortunatamente non abbiamo strumenti legislativi deboli come quelle “concessioni” emanate da una semplice sentenza che opera nella garanzia della privacy e non di un diritto riproduttivo pubblicamente riconosciuto. In Italia abbiamo uno strumento molto più potente, una legge: la legge n°194 del 1978 che garantisce (e non concede) il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza sul territorio nazionale.

Perché allora siamo preoccupat* della situazione americana?

In primis a caldo perché gli Stati Uniti hanno sempre avuto un’enorme influenza culturale e politica, ci preoccupa sentire la destra italiana risollevare voci antiabortiste che credevamo ormai marginali. Inoltre, questi avvenimenti ci impongono il dovere civile di sorvegliare in maniera attenta e vigile sui diritti che abbiamo conquistato e che crediamo di aver garantiti definitivamente.

Ci offre sicuramente la possibilità di puntare i fari sulla situazione IVG in Italia: l’intoccabilità della legge 194 da una parte è una garanzia più forte di tutela, dall’altra ne ostacola la riforma per renderla più efficace ed eseguibile nella pratica.

Il problema in Italia è che l’obiezione di coscienza da pratica eccezionale della legge 194 come indicato nell’ articolo 9, è nei fatti divenuta strutturale: la percentuale di obiezione in Italia è attestata al 70% dei medici. In Germania gli obiettori sono il 6%, in Francia il 3%, in Svezia e in Finlandia non esistono obiettori di coscienza.

Quindi abbiamo la legge, ma siamo pieni di ostacoli alla sua attuazione: oltre alla percentuale enorme di obiettori, i 7 giorni di “riflessione” imposti in modo paternalistico, per non parlare dei movimenti antiabortisti fuori le cliniche armati di Vangeli.

Le ragioni religiose e non dell’obiezione

I motivi religiosi, comunque, da soli non spiegano il fenomeno italiano dell’obiezione. L’ivg è una pratica abbastanza semplice e monotona, considerata un lavoro poco gratificante, ma questo è un cane che si morde la coda: è dovuto al fatto che essendo pochi i non obiettori, questi si ritrovano a fare da soli tutti gli aborti.  I non obiettori sono stigmatizzati ed esclusi, non fanno carriera.

Gli esponenti cattolici della sanità hanno un potere vastissimo in Italia: la sanità lombarda è dominata da esponenti del gruppo “comunione e liberazione” che ha interferito con l’approvazione della RU486. Molte donne hanno raccontato di aver richiesto in ospedali pubblici lombardi una IVG e di essere state indirizzate agli uffici del “Movimento per la vita” che espone immagini di feti con la scritta “mamma ti voglio bene non uccidermi”.

In aggiunta la questione è ovviamente economica: non si può per legge praticare IVG intramoenia, questo legittima molti medici a dichiararsi obiettori nel pubblico per poi eseguire ivg a pagamento nei propri ambulatori. Sono i cosiddetti “falsi obiettori” o “obiettori di comodo” che non hanno convinzioni religiose alla base della loro obiezione e non sarebbero obiettori se si rendesse possibile la pratica ivg intramoenia.

Il dato è che mentre dopo 40 anni dalla legge 194 da una parte sono calati i cattolici praticanti, dall’altra non sono calati gli obiettori: non c’è stato il ricambio generazionale sperato, e questo sottolinea come in Italia il cattolicesimo non basta a spiegare la percentuale imbarazzante di obiettori.

L’obiezione andrebbe quindi regolamentata in modo chiaro e la specializzazione in ginecologia dovrebbe essere sconsigliata a chi non vuole praticare aborti, perché la ginecologia e soprattutto quella italiana a livello accademico ha sempre enfatizzato il ruolo dell’embrione e del feto e molto poco quello della donna, questo ha favorito l’avvicinamento di molti medici anche giovani a posizioni obiettanti. Inoltre, si deve permettere a questi medici l’avanzamento di carriera, per incentivare le nuove generazioni a non dichiararsi obiettori.

“L’America è lontana, dall’altra parte della luna” dice una bellissima canzone di Lucio Dalla, ed è vero, per fortuna. Ma l’attivismo è una forza internazionale e noi tutt* siamo vicin* alle donne e alle persone con utero statunitensi, ci schieriamo dalla parte dei diritti e restiamo vigili anche a livello nazionale, perché gli Stati Uniti continuano ad essere un termometro civile, sociale, politico e culturale da osservare con attenzione.

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Dominica Lucignano

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