Lo faccio per me: sacrificio e maternità

Uno dei libri più belli che ho letto di recente è senza ombra di dubbio Lo faccio per me: essere madri senza il mito del sacrificio, scritto dalla psicoterapeuta Stefania Andreoli. Ho scelto di leggerlo perché ritengo che la dottoressa Andreoli sia una persona estremamente interessante e trovo sempre tantissimi spunti di riflessione in ciò che dice e in ciò che scrive. Devo però confessare che se fossi entrata in libreria e avessi visto questo libro senza conoscere lei e il suo lavoro, mai avrei scelto di comprarlo. È un libro che parla principalmente di maternità e io non solo non sono mamma, ma non credo nemmeno di volerlo mai diventare. Nonostante ciò, è un libro che ho trovato a dir poco illuminante per diverse ragioni. 

La dottoressa Andreoli ci dice innanzitutto come nella nostra società maternità e sacrificio siano due concetti strettamente collegati. In buona sostanza, viene detto alle madri di sacrificarsi per i propri figli, di annullare i propri bisogni, le proprie passioni e la propria identità per loro. Solo in questo modo saranno “brave” madri – qualsiasi cosa questo significhi – che si meritano rispetto e ammirazione. Stefania Andreoli ci spiega invece perché questa mentalità sia dannosa per loro stesse e per i figli. Da una parte fa sì che le madri si sentano in colpa se desiderano prendersi del tempo per sé. Dall’altra fa sì che i figli vivano con la costante pressione di essere l’unica ragione di felicità, o di vita, delle proprie madri. 

In maniera semplice e fruibile da tutti il libro ci racconta i motivi per cui le madri dovrebbero ricordarsi di essere prima di tutto persone, con i loro pensieri, le loro idee, le loro preferenze. Secondo Andreoli, il fatto che una mamma abbia una propria vita e continui a fare cose per sé è l’ingrediente principale per crescere un figlio sereno e libero. Una delle parti che mi ha più colpita è quella in cui la dottoressa racconta di ricevere spesso messaggi da parte di mamme che le chiedono suggerimenti di lettura per svolgere al meglio il loro ruolo. Andreoli scrive: 

Spesso non rispondo, perché non ce l’ho, un titolo. Vanno bene tutti, credetemi: vanno bene Montessori, Dostoevskij, Novara, Mazzantini, Pellai, Avallone, Lucangeli, Pavese, Zanotta, Buzzati, Charmet, la biografia di Mike Bongiorno. Va bene tutto quello che vi va, va bene quello che vi ispira, che leggete di solito, che non avete mai letto, va bene il vostro gusto: affinate quello. […] Perché è questo che servirà per prepararsi a incontrare il bambino: diventare sé stesse. Presentargli una madre che abbia qualcosa da dire, dei pensieri, delle attitudini, delle esperienze, delle preferenze e delle idiosincrasie. 

La cosa veramente interessante di questo libro è che è un libro per tutti, non solo per le madri. Nonostante la maternità sia il fulcro del libro, credo che sia adatto a chiunque, perché chiunque può ricavarne insegnamenti preziosi. In altre parole, è un libro per le persone. Nel mio caso, ad esempio, mi ha portata a compiere riflessioni più ampie sul significato della parola sacrificio, non solo in correlazione all’esperienza della maternità.

Innanzitutto, con sacrificio si intende “una privazione o rinuncia, volontaria o imposta, a beni e necessità elementari, materiali o morali”. Leggendo la definizione, è chiaro come questo concetto sia dotato di una sfumatura negativa. Nella nostra società si sente spesso dire che i sacrifici sono necessari per raggiungere i propri obiettivi. Nella vita è quasi necessario sacrificarsi – o, concedetemelo, soffrire – per dire di aver vissuto veramente.

In altre parole, il sacrificio è considerato dai più un valore. Si tratta della stessa mentalità che ci porta poi a dire che i giovani d’oggi sono svogliati, che non sono disposti ad adattarsi o a sacrificarsi. Ma è davvero necessario sacrificarsi, nella vita? E in nome di cosa, in nome di chi? Forse la cosa migliore che possiamo fare, piuttosto, è rimanere fedeli a noi stessi. Scoprire che cosa ci stiamo a fare qui su questa Terra. Lo faccio per me mi ha ricordato, infatti, che la persona più importante della mia vita sono io stessa. 

Questa lunga digressione mi è servita per dire che no, Lo faccio per me non è un libro rivolto solamente alle madri, ma anche ai figli, ai fratelli, ai giovani, agli adulti, agli anziani e a chiunque abbia voglia farsi un regalo e conoscersi un po’ più a fondo. Questo perché si parla innanzitutto di prendersi cura, gesto che può avere sfumature diverse e sfaccettature numerose. Non c’è bisogno di aver partorito un figlio per prendersi realmente cura di qualcuno. Possiamo prenderci cura dei nostri fratelli o sorelle, possiamo essere figli o figlie e prenderci cura dei nostri genitori. Inoltre, possiamo prenderci cura dei nostri amici, dei nostri colleghi, dei nostri vicini di casa, di sconosciuti per la strada. Possiamo prenderci cura di una pianta o di un animale domestico. Oppure, possiamo prenderci cura “semplicemente” di noi stessi, che di certo non è cosa da poco.

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Elisa Manfrin

3 risposte

  1. Grazie bellissima recensione ! Riflessioni davvero utili e interessanti e davvero ben scritte ! Condivido in pieno quanto hai scritto.

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