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Il cosiddetto “strong, female character” è già uno stereotipo?

Immaginatevi la scena: una donna si trova in mezzo alle rovine di una città o in un campo di battaglia insanguinato; il corpo segnato da pesanti ferite o lividi, ma lei resta in piedi. La sua bellezza non è intaccata dal dolore e si guarda intorno, distrutta, ma imbattuta. Lei è lo strong, female character, che schernisce tutte le altre donne, le quali non potranno mai essere al suo livello. O almeno è quello che più è apparso ultimamente nei cinema e nei nuovi libri. 

Ma da quando essere forti per una donna equivale a non mostrare dolore, esibire importanti abilità di combattimento o erigersi al di sopra di altre donne a qualsiasi livello? 

Eroine d’azione stoiche e capi donna di importanti aziende sono il risultato di un fraintendimento comune su cosa sia la “forza” femminile. Troppo spesso, questo fraintendimento porta il personaggio al totale rigetto della propria femminilità. Per questo motivo, sebbene non ci sia nulla di male nelle donne che hanno forti tratti fisici e caratteriali, i media sembrano favorire loro ad altri personaggi femminili che potremmo definire più ladylike.

Varie interpretazioni dello strong, female character dal 1800 a oggi

Jo March (Saoirse Ronan) in Piccole Donne (2019) di Greta Gerwig.

Il personaggio forte femminile ha probabilmente le sue radici nella mitologia greca, dove dee come Artemide e Atena detenevano un potere potente sul mondo mortale. Tuttavia, fu solo nel diciannovesimo secolo, quando il movimento per i diritti delle donne prese piede in America e in Inghilterra, che esso ispirò lo sviluppo di personaggi femminili più indipendenti e complessi nella narrativa popolare. Fu così che nacquero alcuni dei primi strong, female character definiti dalla loro azione e capacità, in contrasto con i loro predecessori più passivi.

Le stesse eroine delle scrittrici dell’epoca divennero particolarmente attive e capaci di affrontare le difficoltà da sole, invece di giocare alla”damigella in pericolo” e aspettare che un uomo risolvesse i loro problemi. Esempi degni di nota di questi personaggi che sono ancora riconoscibili oggi includono Elizabeth Bennet di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen e Jo March di Piccole donne di Louisa May Alcott. Persino L. Frank Baum, autore di Il meraviglioso mago di Oz, non poteva essere ignaro di queste tendenze caratteriali quando pubblicò il suo romanzo nel 1899. Il celebre adattamento cinematografico de Il mago di Oz uscì nel 1939, in un momento inquieto tra gli anni ’30 e ’40 dell’ideologia nei confronti delle donne.

Elizabeth Bennet (Keira Knightley) in Orgoglio e Pregiudizio (2005).

In Inghilterra, testi fantasy popolari come la serie Le cronache di Narnia e Il Signore degli Anelli furono scritti negli anni ’40, ma pubblicati negli anni ’50, un periodo di relativa calma per il femminismo. Successivamente gli anni ’60 e ’70 inaugurarono un nuovo modello di “Superdonna” per i personaggi femminili. Esso affermava che le donne potessero essere dirigenti efficaci, madri efficienti e mogli amorevoli tutte allo stesso tempo.

Un personaggio che ha lasciato il segno negli anni ’80 e ’90 è quello della donna “disposta a combattere” – principalmente fisicamente, ma a volte anche mentalmente. Oggi, essa può essere considerata una firma definitiva del cinema hollywoodiano di fine XX e inizio XXI secolo. Esempi di questi personaggi includono Ellen Ripley (Aliens), Sarah Connor (The Terminator) e, in un senso più mentale, la Principessa Leia (Star Wars). Questa tendenza ha aperto la strada al personaggio femminile “iper-forte” meno sviluppato a cui ci si oppone oggi.

Le generazioni dei millennial e della Gen Z sono cresciute con popolari serie fantasy per giovani adulti come Harry Potter, pubblicato per la prima volta nel 1997 e Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo, pubblicato per la prima volta nel 2005. Entrambe queste serie presentano una varietà di donne guerriere, che riflettono una più ampia accettazione nella letteratura.

I primi anni 2000 hanno visto anche molti adattamenti di film fantasy con importanti personaggi femminili attivi: Harry Potter e la pietra filosofale (2001), la trilogia de Il Signore degli Anelli (2001-2003), Il leone, la strega e l’armadio e il principe Caspian (2005 e 2008) e Hunger Games (2008). Infine, possiamo includere quelle che oggi sono le vere super eroine del cinema, come Wonder Woman, Captain Marvel e la Vedova Nera. In sintesi, le connotazioni della definizione “personaggio femminile forte” sono cambiate considerevolmente negli ultimi duecento anni. Tuttavia, oggi associamo la frase a una notevole forza fisica e/o mentale, soprattutto nelle donne guerriere.

Alcuni luoghi comuni errati sui personaggi femminili forti

Black Widow, Wonder Woman e Captain Marvel.

Ci sono due tipi di personaggi che ricevono l’etichetta di “strong female character”: eroine d’azione stoiche e personaggi femminili genuinamente ben scritti. Questi ultimi non sono né stereotipi né contrari ai simboli tradizionali della femminilità. Sfortunatamente, il primo tipo è quello che occupa più spesso gli spazi principali di Hollywood. 

Un tratto comune per i personaggi femminili forti, come Black Widow e Captain Marvel, è un rifiuto generale della femminilità tradizionale. In entrambi i loro film principali, Black Widow e Captain Marvel sono raffigurati come maschiacci nella loro giovinezza che si sono trasformati in donne soldato. Non c’è niente di sbagliato nel ritrarre donne con interessi o caratteristiche più “maschili”, ma non possono essere le uniche eroine che vediamo, né dovrebbero farci dedurre che la loro forza deriva dalla loro mascolinità. Anche la femminilità è una forza.

Quando Elizabeth Swan si toglie il corsetto e gli abiti nella serie Pirati dei Caraibi, passa da damigella in pericolo a spavalda eroina. Man mano che diventa più maschiaccio, sembra diventare anche più eroe. È difficile nominare una protagonista femminile la cui ascesa allo status di eroe non comporti in qualche modo la perdita della sua femminilità. Sembra che, per il sotto testo di questi film, la forza sia quasi sinonimo di mascolinità. Ecco qui di seguito alcuni stereotipi che sarebbe bene rompere, su ciò che qualifica un personaggio femminile come “forte”.

-“Forte” non vuol dire “Violento”: lei non deve avere per forza una pistola in mano e non deve per forza sapere come usare quella pistola;

-Se è “forte” non vuol dire che sia “Prepotente”: Lei non si deve per forza mostrarsi come quella “al comando” e farlo sapere subito a tutti;

-“Forte” non significa che non avrà bisogno di essere salvata o istruita o guidata nel suo viaggio personale da un altro personaggio, sia esso anche maschile; 

Se un personaggio è “forte”, non vuol dire che non possa essere amato o che non possa innamorarsi;

“Forte” non significa metter per forza le donne in ruoli maschili: solo perché è un pilota, un mercenario o un pompiere, questo non la qualifica automaticamente come un personaggio forte;

“Forte” non è sinonimo di “Essere sempre al centro dell’attenzione”: una storia coinvolge tanti personaggi e ci deve essere spazio per tutti. 

L’ascesa del Complex Female Character

Perché un personaggio femminile sia veramente forte, forse dobbiamo cambiare la nostra definizione e smettere totalmente di utilizzare il termine “strong”. La verità è che la forza di una donna si manifesta sotto molteplici aspetti. Possono essere fiduciose senza dover essere arroganti, indipendenti senza dover stare da sole ed empatiche senza essere remissive. Queste sono alcune delle caratteristiche che rendono “forte” un personaggio femminile. Queste sono le caratteristiche che lo rendono COMPLESSO, senza farlo scadere nelle copie sbiadite delle sue controparti maschili. 

Il complex female character accetta che la donna o ragazza abbia non solo caratteristiche positive, ma anche diversi difetti che la rendono ancora più complessa e interessante. I difetti non creano solo un personaggio più interessante, a volte sono ciò che rende questi personaggi forti in primo luogo. 

Personalmente, tra i personaggi femminili che più ho apprezzato in quanto complessità e sviluppo c’è Katniss Everdeen (The Hunger Games Saga). Katniss è forte, ma spaventata, è molto empatica, ma a tratti è egoista. Il suo amore per sua sorella la spinge a prendere il suo posto in una battaglia all’ultimo sangue e questo la rende un’assassina, ma un’assassina compassionevole. Katniss viene guidata molto da altri personaggi come Haymitch e Cinna. E’ così che impara quando usare la sua femminilità a suo vantaggio e quando invece deve reprimerla. 

Persino il personaggio di Hermione Granger in Harry Potter segue uno sviluppo e una crescita che non tutti colgono. Ne La Pietra Filosofale si potrebbe pensare che il suo personaggio cada inavvertitamente nel luogo comune della damigella in pericolo quando Harry e Ron corrono in suo soccorso per salvarla dal troll nei bagni. In realtà in quel momento assistiamo all’inizio della sua crescita come donna e persona. Sarebbe stato facile per l’autrice fare in modo che una strega undicenne incredibilmente dotata, si tramutasse in una eroina senza paura da subito. Tuttavia, rendendola più umana all’inizio, possiamo vedere il suo sviluppo attraverso i vari libri, fino ad arrivare all’incredibile strega che affronta e subisce le torture della mangiamorte Bellatrix con coraggio. 

Per quanto imperfetto possa essere questo ideale, il personaggio femminile forte è stato una fonte di ispirazione per le donne, aiutandoci a trovare quelle qualità dentro di noi. Tuttavia si spera che questa idea possa espandersi per farci vedere le molte altre cose meno ovvie che rendono davvero forte una donna. E forse alla fine, se saremo fortunate, non dovrà più esserci un “complex female character” o uno “strong female character”. Forse, potrà esserci semplicemente un PERSONAGGIO FEMMINILE.

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Selenia Romani

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