Come sei dimagrita, stai proprio una bellezza!
Un giorno, è bastata questa semplice frase per far andare completamente in tilt il mio cervello. Voleva essere un complimento ma non lo era. Poteva essere una discriminazione ma non voleva esserlo. Cosa rispondere? Forse? Anche tu? Dieta dello stress, te la consiglio? Niente di tutto questo. Sorriso accennato e silenzioso imbarazzo. Ma quello era solo il primo di un susseguirsi di frasi che avrebbero creato un vero e proprio terremoto nei mesi successivi.
Fase 1: la messa all’ingrasso
Paradossalmente, in un poco felice periodo della mia vita, ho ricevuto una miriade di complimenti che si concentravano sul mio aspetto fisico. Non solo perchè ero dimagrita, ma anche perchè avevo ricominciato a fare palestra, avevo truccato lievemente il mio viso e ponevo più cura nel mio vestiario. E, ovviamente, il pubblico sociale non ha mancato di farmelo notare. Anzi, si è prodigato. In quei primi mesi, mi beavo di qualsiasi lode e approvazione, sentivo l’occhio di bue inquadrare me e stavo bene. Di più, mi piaceva. Stavo passando al lato oscuro della forza.
Fase 2: stordimento
E poi, eccola: l’enorme fregatura. Tutta quella succulenta approvazione che per mesi mi aveva nutrita, stava per sparire. Prima, ho cambiato tipo di allenamento e non vedevo più gli stessi risultati. Poi, mi erano iniziati a spuntare brufoli e brufoletti sul viso, occhi gonfi, inestetismi di ogni tipo. E, infine, l’apice, lo sfacelo, la disfatta: il parrucchiere aveva torturato i miei capelli con un taglio atroce. Mentre il mio corpo cambiava, il mio cervello si stressava e andava in tilt – anche per una buona dose di frustrazione perchè non capivo da dove derivasse tutto quell’interessamento per l’estetica -, la mia preoccupazione più grande era una. E solo una. Come sarei apparsa agli occhi delle persone, spogliata di ogni bellezza?
Fase 3: il macello
Infine, la fase conclusiva, dove ormai non c’era più scampo. Ho tentato in ogni modo di porre rimedio a quanto era successo. Così, via alla ricerca di creme, oli, integratori che potessero salvarmi. Googlavo parole di ogni tipo, accomunate da un solo termine: rimedio. Rimedio per brufoli, rimedio ceretta, rimedio crescita capelli. Niente che fosse adatto per le mie tasche, eppure le soluzioni erano quelle. Anche Instagram non smetteva di ricordamelo, con reels che mi mostravano ragazze con i capelli foltissimi grazie a oli incredibili. Oppure, con sponsorizzazioni dell’ultimo ritrovato della tecnica per un’epilazione invidiabile. Era tutto così a portata di mano, eppure così irragiungibile. Avrei dovuto pagare troppo per riavere indietro il “mio” corpo. Anche pensando di conoscere la soluzione, non potevo spenderci soldi, diventando ancora più frustrata. Il risultato? Ulteriori brufoli, ulteriore perdita di capelli, ulteriori chili presi. Insomma, era successo un macello.
Pretty privilege: i vantaggi dell’essere bellə
Cosa mi era accaduto? Nel giro di pochi mesi, avevo sperimentato quello che l’approvazione sociale e gli standard della società possono causare. In un periodo di debolezza, dove tutti i sacri insegnamenti femministi erano venuti meno per non si sa quale ragione, avevo provato sulla mia pelle cosa fosse la pressione sociale e le conseguenze di non adeguarcisi.
In primo luogo, avevo interiorizzato una regola semplice: essere belle era bello. O meglio, aderire all’idea di bellezza tradizionale era bello. Perchè in quei mesi, mi ero modellata inconsciamente su gli standard che la nostra società apprezza in una donna: capelli lunghi, lisci, corpo slanciato e in forma, cura di sé. E da qui ne erano derivate delle conseguenze che mi erano andate bene, in un primo momento.
Avevo sperimentato il pretty privilege, ovvero tutti i vantaggi che possono derivare dall’essere considerati belli. D’altronde, la nostra società funziona in modo chiaro: come dimostrano determinati studi in materia, essere carinə può facilitare la propria carriera lavorativa, a differenza di quanto accade per le persone che si allontanano dai criteri tradizionali. Non solo: interviene anche l’effetto alone a farcire questa situazione già disgustosa. Secondo questa teoria psicologica, valutare positivamente un dettaglio di una persona, influenza anche l’impressione su altre caratteristiche. In altre parole, più sembravo carina, più sembravo intelligente, simpatica, talentuosa. E che succede quando rischi di perdere questo mondo meraviglioso fatto di complimenti e carinerie?
Quanto costa non stimare la propria bellezza?
Insomma, per un momento è stato bello essere assuefatti a questo meccanismo, così semplice eppure così infimo. Infatti, nel momento in cui sono venute meno le condizioni che mi rendevano carina agli occhi degli altri individui, sono entrata nel panico, cercando le soluzioni più disparate. Guarda caso, Internet era prodigo di ingegnosi rimedi fatti per me, casualmente a prezzi enormi. Quale costo sarei stata disposta a pagare?
Il non piacersi è un mercato estremamente remunerativo per le aziende che vogliono continuamente venderci qualcosa. Il senso di inadeguatezza che deriva dal non aderire agli standard tipici della bellezza sociale è la valuta migliore al giorno d’oggi. E questo non vale solo per cosmesi, cura per il corpo ed estetica, ma anche per il mondo online che viviamo costantemente. Sicuramente non ci arriverà una notifica perchè a Gianfilippo non è piaciuta una nostra foto. Quindi, meglio continuare a imporre standard inarrivabili, per continuare a generare frustrazione e, poi, una ricerca di una soluzione da pagare a peso d’oro. Ma come fare per sottrarsi a queste logiche?
Riappropriazione debita: riprendere la bellezza di sé
Per questo periodo di tempo, il mio corpo non mi è appartenuto. Aveva un valore, certo, agli occhi delə altrə. La sua bellezza, stabilita in maniera ferrea dalla società, era alla mercé di tutti, tranne che mia. Valeva più un complimento altrui che il giudizio che potevo avere io stessa su di me.
Poi, ho ricominciato a guardarmi allo specchio, realmente. Senza giudizio. Quel chilo in più era solo un chilo in più sulla bilancia, non portava con sé futuri fallimenti, delusioni, disastri. Il taglio di capelli era solo una scelta molto opinabile di un parrucchiere sadico, non sarebbero stati dieci centimetri in meno a cambiare me. Ho iniziato a ringraziarmi, percependo il corpo, accarezzandomi ogni tanto, guardando i peli che crescevano sotto le mie dita. Andava bene così.
Eppure, rimaneva quel desiderio di farsi la ceretta, truccarsi o rimodellare in miei capelli. Ma c’era una piccola differenza: sarei stata io a scegliere. La chiave stava nel togliere dalla bilancia il peso del giudizio altrui, decidendo autonomamente quando e quanto investire in queste cose. Esercizio semplice? No, senzadubbio. Ma indispensabile per tuttə.
D’altronde, gli standard di bellezza cambiano, noi restiamo.