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La piramide della violenza di genere

È stato un uomo.

Non è stato un raptus, non è stata la gelosia, non è stato un folle gesto. È stato un uomo. L’ultima settimana abbiamo tuttƏ aggiornato continuamente la pagina delle notizie nella speranza che Giulia Cecchettin fosse ancora viva, ma la verità la sapevamo tuttƏ. Conoscevamo già la storia, perché pochi dettagli ci bastano, la dinamica è sempre la stessa. Il dolore che ci portiamo dentro ogni volta che ammazzano una nostra sorella è un dolore antico, un dolore viscerale che abbiamo cucito addosso.

Perché è sbagliato domandarsi il perché sia successo a Giulia? La verità è che Giulia è stata uccisa perché era una donna. La verità è che in più di un secolo di ondate femministe e in oltre cinquant’anni di studi di genere, le istituzioni non solo continuano ad ignorare l’emergenza sociale dei femminicidi, ma si rifiutano ancora oggi nel 2023 di prendere provvedimenti che puntino ad introdurre l’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole.

La cultura patriarcale

La mostrificazione del carnefice è un espediente psicologico di fuga dalla realtà e uno strumento di deresponsabilizzazione collettiva. Augurargli una brutta morte, un carcere duro, pene aspre, dipingerlo come un demonio, insinuarne la psicopatia, chiedersi cosa possa scattare nella mente deviata delle persone… tutto questo è solo un modo che le persone hanno di trovare pace, di andare a dormire la notte con il pensiero tranquillo che infondo si è trattato di un orco, di un mostro che è un’aberrazione dell’umanità, una deviazione dalla norma, che infondo dobbiamo star tuttƏ tranquillƏ perché per fortuna la maggior parte delle persone, e cioè degli uomini, sfuggono a questa devianza e sono tutti “normali”. E invece no. Non è stato un orco, né un mostro, né una mente degenerata, né un demonio: è stato un uomo. Un uomo come un altro, un uomo come tuo padre, tuo fratello, tuo nonno, tuo zio, un uomo come il tuo vicino di casa, un uomo come il tuo farmacista, il tuo idraulico, il tuo amministratore di condominio. Un uomo in mezzo ad altri uomini, un uomo che ha prestato il suo braccio alla cultura non troppo silenziosa che lo legittima e in cui tuttƏ siamo immersi. La cultura patriarcale è un sistema di potere basato sulla violenza di genere. Tale cultura è così radicata nella storia che ha trovato tantissimi modi anche subdoli di sopravvivere e prolificare, e poco le basta per gettare le basi del prossimo femminicidio.

Le basi della piramide della violenza di genere

È vero che la violenza di genere si combatte con l’apertura dei centri antiviolenza, come è vero che divulgare il gesto di richiesta di soccorso internazionale per le vittime di violenza di genere è un modo per salvare più donne possibile da una morte certa.

Tuttavia questi interventi sono, per usare una metafora del linguaggio medico, interventi di prevenzione secondaria. Non sono infatti volti a contrastare il fenomeno della violenza di matrice patriarcale, ma offrono aiuti certamente indispensabili a donne che sono già vittime di questo sistema. Se però ci fermassimo qui, non staremmo agendo per evitare che in futuro ci siano altre vittime. Noi ci vogliamo vive. Dobbiamo agire per fermare la cultura che alimenta la base della piramide: solo colpendo la sua base abbattiamo tutta la piramide.

Le battute sessiste e oggettificanti, le chat del calcetto di soli uomini che si scambiano materiale intimo non consensuale, inviare materiale intimo non consensuale a una donna (dick-pics), interrompere le donne quando parlano per imporre la propria versione più “autorevole” (mansplaining), dare per scontato che i ruoli di cura spettino alle donne (l’81% di tutti i caregivers sono donne), dire ad una donna come sarebbe appropriato che lei si vestisse, pagare di meno una donna a parità di mansione (gender pay gap: per ogni euro guadagnato da un uomo, in Europa una donna guadagna 87 centesimi), catcalling, i contatti non desiderati, la violenza sessuale, il colpevolizzare una vittima di femminicidio dicendo che sì poverina è stata ammazzata ma lei era una putt4n4, una poco di buono, aveva un altro, aveva altri uomini, ha tradito lui, ha ingannato lui, ha esasperato lui, l’ha portato alle estreme conseguenze, perché lei, ricordiamolo, era una putt4n4 (victim blaming). Tutto questo alimenta la cultura patriarcale e la cultura dello stupro. Per ogni femminicida tradito c’è una donna ammazzata, per ogni femminicida umiliato c’è una donna ammazzata, per ogni femminicida esasperato c’è una donna che abita il cimitero. E la narrazione che passa non è che non ci dovete ammazzare, ma che non dobbiamo umiliare, offendere, tradire ed esasperare perché altrimenti moriamo ammazzate.

Abbiamo bisogno di uomini femministi

Non si arriva a commettere un femminicidio per improvvisa impennata di testosterone nel sangue e obnubilamento mentale. È la massima espressione della violenza di genere che si compie in pieno possesso delle facoltà fisiche e mentali. Uccidere una donna perché ha osato essere una donna non è da psicopatici, è da lucidissimi perpetuatori della cultura patriarcale. Ogni uomo che pensa alla donna come se fosse un oggetto in sua proprietà esclusiva non ci mette molto ad assecondare il suo proposito di farla fuori, perché c’è un’intera società che più o meno consapevolmente lo difende, lo protegge e addirittura gli arma la mano. C’è un intero sistema anche mediatico che pur nel condannarlo formalmente, è pronto ad offrire tutto un arsenale di moventi per legittimare il femminicidio.

Quando capiremo che tuttƏ noi possiamo essere le prossime e che tutti gli uomini rispondono e godono del privilegio di agire in un sistema patriarcale. Quando gli uomini finalmente non solo non avranno più la fobia di dirsi femministi, ma cominceranno anche ad essere femministi, accanto a noi nella lotta per una società equa, nel rispetto del valore immenso e apparentemente irraggiungibile che è la parità di genere. Quando smetteranno di nascondersi dietro al fatto che secondo loro il femminismo è ambire alla supremazia delle donne. Quando capiranno che per comprendere il femminismo basta aprire un libro di storia a caso o almeno smanettare qualche concetto chiave su google. Quando si metteranno in discussione, quando non avranno più timore di smascherare l’ipocrisia del machismo. Quando smetteranno di vivere la virilità come strumento di affermazione del potere e della forza. Quando non sentiranno più questa virilità come minacciata, e fermeranno o denunceranno con noi e per noi chi su di noi offende, oggettifica, decide, uccide. Quando avremo realizzato ciò allora potremo promettere a tutte le nostre sorelle che ci sarà stata garantita la vita, che non la perderemo più per mano di un uomo.

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Dominica Lucignano

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