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Perché Femminicidio?

Morire in un silenzio assordante

TW: VIOLENZA.

[se·què·stro]

3. dir.sequestro (di persona) delitto che consiste nella privazione illecita della libertà individuale; rapimento.

Non si può parlare di omicidio. E femminicidio non è un termine come un altro. “Dare un nome al fenomeno – come scrive Carlotta Vagnoli in Poverineci insegna a riconoscerlo e comprenderlo.”.

F e m i c i d e

La becera spettacolarizzazione messa in atto dai media del corpo di Ingrid Escamilla.

Le bambine cinesi mai nate, gettate in un cestino.

Le ragazzine indiane incatenate alla religione e quelle africane costrette a sposarsi da bambine.

Il corpo di quella ragazza a terra, con le mani legate dietro la schiena e la testa in un sacchetto.

“Record di femminicidi”.

“Una donna uccisa ogni 27 ore”.

Dov’è Esmeralda Castillo? Suo padre sta ancora aspettando che la ritrovino.

Come può una società lasciare impunito il femminicidio dell’attivista Isabel Cabanillas?

“Emergenza femminicidi”

“Ciudad Juarez, la città che odia le donne”

Ne hanno trovata un’altra.

Nude, con segni di morsi, mutilate, graffiate, derubate. Stuprate e sequestrate alle loro famiglie, amici, al lavoro. Soffocate.

Certi posti sembrano più fertili di altri a produrre certe violenze, eppure ci scordiamo che il tessuto sociale globale è permeato da aggressioni microscopiche e che gli attacchi subiti quotidianamente dalle donne passano inosservati perchè normalizzati. Per arrivare a tutti quei ritrovamenti di cadaveri dilaniati dalla violenza si parte sempre da ciò che è considerato normale.

I Paesi dell’America Latina ci appaiono come il covo dei femminicidi eppure, per quanto portino a morti diverse, ma sono dinamiche molto simili a scatenarli anche vicino a noi. Disparità salariale, violazione dei diritti. Violenza domestica e psicologica.

Cerchiamo serial killer e psicopatici da incolpare, da rinchiudere. Cerchiamo una trama dietro questi atti che sia ricollegabile al male, alla malattia, ma queste violenze sui corpi delle donne sono eseguite da chiunque perchè fanno parte della struttura sociale. Questo fa molta più paura.

L’hanno chiamata la città che odia le donne, eppure mi sembra già molto sbagliato definirla così.

Nonostante l’elevato numero di femminicidi confermati, le cifre delle sparizioni restano ancora più alte, nella maggior parte dei casi non viene ritrovato alcun corpo.

Le donne assassinate a Ciudad Juarez

La città confinante con gli Stati Uniti (frontiera nord del Messico) è luogo emblematico della sofferenza delle donne. Le ferite di questa città sono molte. Se consideriamo il narcotraffico, la povertà, i femminicidi ed il flusso di migrazione, non a poco si è valsa il nominativo di città del male.

Ma cosa potrebbe aver davvero incrementato i femminicidi che tra gli anni ’90 e i primi anni del 2000 hanno terrorizzato ogni donna della città? Ciudad Juarez è anche emblematica della globalizzazione economica che ha dato vita alle maquiladores. Esse consistono in fabbriche a fondazione e capitale straniero dove vengono realizzati pezzi per l’assemblaggio che vengono poi esportati. Sono tante le convenienze per una ditta straniera ad avere una fabbrica in Messico piuttosto che in uno stato nordamericano (o europeo):

Bassa tassazione (a volte quasi inesistente), esenzione fiscale.

Manodopera a bassissimo costo, pur offrendo paghe maggiori di altri lavori presenti in Messico.

Norme regolatrici minime.

Sfruttamento delle donne: rappresentano energia a bassissimo costo, perché possono essere pagate ancora meno degli uomini.

La femminilizzazione del processo produttivo è un evento molto negativo su più fronti: se da un lato sfrutta le donne perchè sa che può pagarle cifre irrisorie, dall’altra è andato a minare la base di una società con una struttura patriarcale. Questo improvviso ribaltamento di ruoli (cominciato all’incirca negli anni ’90) ha cambiato la struttura sociale: la posizione dell’uomo si destabilizza a favore delle donne. Questo cambiamento, all’interno di un consolidato sistema patriarcale, ha portato ad altissimi livelli di frustrazione che si sono tradotti con un’escalation di violenza sulle donne per poter riaffermare il proprio dominio.

Le fabbriche che si sono stabilizzate in Messico se da un lato hanno permesso alle donne una certa indipendenza economica, dall’altra le hanno messe al centro del mirino. E quel mirino non le ha risparmiate. Anzi, le ha portate nell’occhio di un ciclone di sequestri, morti e sparizioni senza fine e senza spiegazioni. Immaginate l’orrore delle madri che non vedono più ritornare le loro figlie.

Si è creato un doppio anonimato delle donne dato dall’esclusione sociale e dalla cancellazione individuale data dalle brutalità subite dai corpi di queste donne, poi gettati nel deserto o in fosse comuni. Quando nel 1993 cominciò la silenziosa strage delle ragazze le madri non avevano idea del nome da dare a quell’orrore. In un contesto di forte polarizzazione sociale, in una città composta da un tessuto urbano eterogeneo fatto di migrazione, clandestinità e narcotraffico il genere delle vittime è un fattore molto importante. Attraverso i corpi viene veicolato un messaggio: gli uomini riprendono il dominio attraverso la violenza. Violenza favorita da un clima di impunità che porta all’accettazione della stessa. L’indifferenza del governo e delle forze dell’ordine incoraggia la ripetizione cronica delle violazioni dei diritti umani.

Eppure non è solo l’indifferenza dei centri di potere, ma anche la collettività stessa che anima la sopravvivenza degli stereotipi di genere. Anche i media hanno un ruolo importante nell’esplicitazione del binomio sesso e potere, perché mostrano un modello di donna naturalmente subordinata.

Le croci rosa di Ciudad Juarez

Sesso e potere, le teorie femministe di Rita Segato

L’antropologa e femminista Rita Laura Segato (Buenos Aires, 1951) illustra come le relazioni di genere siano in realtà un campo di potere. I crimini sessuali rispecchiano crimini di potere/dominazione per cui la forzatura sessuale è il mezzo e non il fine. Il reale fine è l’affermazione del proprio dominio. Questi atti violenti non sono volti tanto a soddisfare una personale libido, ma a riaffermare la propria superiorità (esempio sono gli stupri durante la guerre, come in Lustmord).

I femminicidi di Ciudad Juarez rappresentano un conflitto di genere in cui il sistema di comunicazione è composto da un alfabeto violento, che non è così semplice disinstallare. Segato, durante le sue interviste, parla di come la violenza cristallizzata in un sistema di comunicazione diventa linguaggio stabile e forti di questo gli uomini mettono alla prova il loro potere attraverso i corpi delle donne.

Vogliamo parlare di femigenocidio? Vogliamo parlare del fatto che le cifre si stanno così impennando da da farlo diventare un crimine contro le donne che raggiunge il grado di crimine contro l’umanità?

Segato porta alla luce un’attenta analisi della società in quanto retta da una struttura patriarcale e sottolineando che non è tanto l’emancipazione delle donne ad indebolire il ruolo degli uomini quanto più una vita precaria dettata da un capitalismo predatorio.

Ogni violenza contro le donne è legata alla riaffermazione del potere e dalla messa in atto da parte di soggetti ansiosi della dimostrazione di essere uomini (non da psicopatici, dunque). Lo stupratore è una persona che sta all’interno di una società e pratica l’aggressione di genere in mille modi, che però sono ritenuti abitudine e quindi non possono essere considerati crimine. E non è solo lo stupratore a farlo.

Attraverso il potere di minimizzare l’uomo si conquista il prestigio maschile.

Riassumendo ciò che insegna la Segato pensiamo ad una piramide: alla base ci sono le aggressioni, mentre in cima c’è il crimine. Per compiere un reato per forza di cose c’è una base fatta di aggressioni normalizzate per cui, per impedirlo, va modificata proprio la base di questa piramide.

Forme di sminuimento, predazione, sguardi e parole, aggressioni psicologiche e morali al corpo delle donne. Modificando cosa si trova alla base possiamo ridurre ciò che succede alla punta, e non solo occupandoci della legislatura, che da sola può fare poco.

Ci si aspetta che il marcio riguardi altre persone, altre realtà. Questa non è un’emergenza femminicidio, perché dura da tempo immemore. Non è nemmeno una città che odia le donne, ma una struttura machista che crea le premesse per la violenza.

Ciudad Juarez sembra un posto spaventoso per le donne.

Ma le donne non sono vittime solo a Ciudad Juarez.

Approfondimenti:

Andatevi a recuperare La guerra contro le donne di Rita Segato o qualsiasi intervista abbia fatto, ne trovate anche in italiano.

Femminicidi e pedagogia della crudeltà. Intervista a Rita Segato – DINAMOpress

Quello di genere è un crimine di eccesso di potere – EuroNomade

Humus – Capitolo 4. Rita Segato: contro il patriarcato, dove si manifesta | La tinta (youtube.com)

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Erica Nunziata

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