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Scritture femminili nella storia della lingua italiana: Caterina Paluzzi

Chiunque abbia studiato storia e letteratura italiana a scuola sa benissimo che non è facile sentir parlare di scritture femminili. Questo è dovuto, soprattutto in ambito letterario, all’impossibilità per le donne di accedere all’istruzione. Tuttavia, l’idea che le donne non abbiano avuto mai accesso alla scrittura è diventata paradigmatica, a tal punto che perfino gli studi recenti sono stati viziati da questo pregiudizio. A partire da questo articolo, indagheremo una serie di casi meno noti nel corso dei secoli di scritture femminili nella storia della lingua italiana. Donne che hanno scritto e che lo hanno fatto per necessità, praticità, o anche per puro piacere intellettuale.

I pregiudizi negli studi storico-linguistici

Nei secoli scorsi la varietà femminile di lingua è stata vista come uno scarto dalla norma (abbiamo parlato qui) e ci si è sempre concentrati sulle deprivazioni culturali subite dalle donne. Si pensava che le donne potessero alfabetizzarsi solo se nobili o monache, le uniche a cui fosse concesso avere questo potere. In realtà, anche nei secoli più antichi, diverse donne di estrazione sociale bassa si sono messe all’opera e hanno prodotto dei testi grazie ai primi rudimenti di scrittura imparati probabilmente dai familiari. Queste nozioni, non del tutto sbagliate, hanno favorito una lettura distorta e fuorviante dei dati linguistici. Si pensa cioè che le donne parlino in un determinato modo solo perché donne.

Inoltre, gli studi condotti sull’analisi della lingua di bottegaie, cucitrici, suore e streghe semianalfabete hanno contribuito a rafforzare il binomio tra lingua femminile e scarto dalla norma. In realtà, alcuni modi di scrivere delle donne del passato di estrazione sociale bassa sono usati anche dagli uomini della stessa classe sociale. Questo vuol dire che per secoli si è pensato che le donne scrivessero male e che usassero determinate parole solo a causa del genere sessuale. Ovviamente così non è, anzi sono esistite diverse donne in grado di impugnare la penna e tramandare qualcosa ai posteri. Vediamo un esempio per aprire la nostra rubrica dedicata alle scritture femminili.

Caterina Paluzzi: un esempio di diario mistico

A chi non piaceva, da bambino/a, di scrivere sul proprio diario segreto? La possibilità di affidare alla carta i propri pensieri privati ha sempre avuto fascino sul genere umano, fascino che ha interessato anche Caterina Paluzzi. La sua storia risale alla fine del XVI secolo e si ambienta a Morlupo, paese laziale in provincia di Roma. La domenicana comincia a scrivere un’autobiografia mistica nel 1608, spinta dal suo padre spirituale.

Morlupo | Ente Regionale Parco di Veio
Città di Morlupo

Come molte, Caterina viene da una famiglia indigente, che la costringe a lavorare come tessitrice, lavoro che ostacola la sua vocazione spirituale. Come molte altre, affida la sua vita spirituale a un padre, don Alessandro Migliacci, e diventa a sua volta guida di principi romani del tempo. La sua immagine diventa quella di una “santa viva”, visionaria e carismatica. Caterina, spinta da Federico Borromeo, comincia a scrivere il suo diario spirituale controvoglia perché ammette di essere analfabeta. Particolare è un brano in cui descrive come si alfabetizza.

Dal diario:

et da lui intese che S. Caterina era morta et persa di speranza di poterli parlare me vinde [venne] volglia d’imparare di legere per legere la sua vita, ma per li mei peccati non sebba mai chi me imparassi et me metteva con la santa croce in mano la nocte che il giorno non haveva tempo a piangere e chiamare lei che m’imparassi et così cominciai a chiamare li regazi che me imparassino a cognioscere le lettere

Conclusioni

Paluzzi racconta di essere stata ispirata al modello della nota santa senese, Caterina da Siena, che ammirava da bambina e, credendola ingenuamente viva (in realtà è morta nel 1380), sperava di incontrarla. A 13 anni scopre dal suo padre confessore che è morta e viene presa dalla voglia di imparare a leggere per apprendere la sua vita. Dal diario si evince una figura forte, l’immagine di una donna che si è saputa elevare da una condizione culturale svantaggiata. Anche se non è riuscita a raggiungere un dominio completo della scrittura, quest’ultima è funzionale alla praticità. Racconta semplicemente quello che sente, ma il suo modo di scrivere restituisce una consapevolezza testuale media, e non necessariamente bassa come i passati studi hanno pensato.

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Gloria Fiorentini

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