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Nel verdazzurro

Sono immersa nelle acque dolci di un lago color verdazzurro. Il mio corpo è bagnato fino all’ombelico e il riflesso della luna crea delle increspature che mi dipingono un tutù intorno alla vita. Galleggio e smuovo i merletti che ondeggiano di vita propria.

Tu sei lì, all’angolo opposto. Appoggiato alla riva rocciosa, un braccio fuori dall’acqua e un altro dentro. Mi guardi mentre sposto le particelle d’acqua intorno a me. Faccio finta di non vederti, ma tu sai che ci siamo visti. Non ti muovi. Diventi parte del mio sfondo e io sono la tua protagonista.

Sento odore di Borotalco che si mescola a quello delle gocce fredde che mi avvolgono. Sono sola in una pozzanghera bagnata dalla luna e tu non parli. Ho la pelle raggrinzita. Non capisco il tempo. Sarò lì dentro da qualche minuto, oppure da qualche ora. Il fondo del bacino è fatto di pietre lisce e piene di alghe, ma so dove poggiare i piedi senza perdere l’equilibrio.

Hai smesso di guardarmi e ti sei staccato dalla roccia. Cammini verso di me e sposti l’acqua senza fare rumore. Sprofondi pure tu nel verdazzurro dipinto dalla luna.

L’acqua adesso si fa più scura. Sei vicino a me e io non so più nuotare. Il tallone è rimasto incastrato tra due sassolini a forma di conchiglia. Guardo in alto e vedo la luna. Metà coperta dalla foschia, metà nitida e lattiginosa. Se potessi assaggiarla saprebbe di panna.

Tu, invece, sai di Borotalco. Vedo la bianca polvere sulla tua pelle scura, come palline di polistirolo che si spezzano dalle confezioni e rimangono appiccicate.

Elettrizzate, non si staccano più.

Lento, ti muovi senza fare rumore e guardi la mia pelle. Avanzi sapendo dove andare, sapendo di non poter essere respinto. Io sono lì per te. Avevamo deciso così, dirai. Potevi sottrarti, aggiungerai. Invece non l’ho fatto, ho continuato a galleggiare nel verdazzurro.

Così mi respiri sul collo. Io ti sento senza vederti. La luce è un faro abbagliante sul mio corpo, tutto il resto è vapore. Riesco a distinguere la mia pelle liscia e umidiccia, le mani che sfiorano la superficie dell’acqua calda e il mio seno, pieno di goccioline.

Mi metti una mano attorno ai fianchi.

Sei poco più alto di me e il tuo corpo si appoggia completamente al mio. Ci uniamo come i sassolini che tocco con un piede. Siamo vischiosi e fluidi. Siamo parte dell’acqua anche noi, ma tu sei più caldo.

Scendo giù ancora un po’. Copro il mio corpo nudo con l’acqua, creo una patina fra di noi e bagno il viso. Voglio ancora sentire il mio odore, capire che esisto e sono consistente. Mi afferro la coscia. Poi me la afferri tu.

Mi lascio plasmare da te, mentre l’acqua ci trascina e ci solleva. Siamo più leggeri qui. Sento il tuo sapore, non ti guardo in volto e non sento più la mia pelle. Si è sciolta insieme alla tua, si è fusa insieme al tuo odore di Borotalco e acqua di lago. Non mi parli, non mi guardi e andiamo alla deriva. Insieme alle particelle di acqua mi spingi, mi baci, mi graffi la pelle, mi mordi il collo.

Io scivolo dentro l’acqua senza reagire. Io sono una goccia d’acqua. Fredda, liquida, senza forma, senza odore, senza sapore. Tu mi sposti e io non sento niente. Inizio a sudare. Non è l’acqua del lago, è la mia pelle che si sta liquefacendo. Mi sciolgo sul tuo corpo caldo che mi tocca le cosce, mi tiene le mani bloccate dietro la schiena, mi morde il lobo dell’orecchio.

Provo ad andarmene con le altre gocce, ma qualcosa mi tiene legata a te. Provo a rimanere ancorata al punto in cui mi trovo, ma tutto sembra aver assunto le stesse forme. Galleggio vorticando attorno a te che mi sposti e mi guidi. Contraggo le dita e provo a graffiare la superficie dell’acqua. Cerco di aggrapparmi a qualcosa che non sia il tuo corpo. Graffio, afferro, mi appiglio all’unica materia tangibile che esiste intorno a me, oltre al tuo corpo. Mi chiedi qualcosa, me lo sussurri come una formula adatta alla circostanza: ti faccio male? Io muovo la testa, come per dire no, non sento niente.

Non sento niente, ed è vero.

Il mio corpo accoglie, resiste, trattiene. Non ti obbligava nessuno, mi dirai. Potevi fermarmi, continuerai. Io leggerò quelle parole e non risponderò. Ripenserò alle gocce rosse che si mescolano nel verdazzurro, scendono sott’acqua, vorticano insieme a noi. Le vedo andare via, brillare insieme alla luna, farsi chiare e trasparenti, fino a scomparire.

Ripenserò al mio corpo, abbandonato sulla superficie dell’acqua. Galleggia come una foglia secca spezzata. Si sfalda lentamente, si lascia portare via dalla corrente e, sotto la luce della luna, giunge a riva.

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Sara Noto Millefiori

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