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ALESSANDRA ZINI racconta – Quando fare arte non è solo un hobby: è lavoro e passione

Conosco Alessandra da quando sono nata e l’ho sempre ammirata per il lavoro che ha scelto: così lontano da ciò che le persone pensano, ma così necessario per riempire la vita di tutti. Conosco Alessandra da molti anni, ma solo quando le ho chiesto di intervistarla, ho avuto l’opportunità di entrare nel “retro bottega” e percepire davvero il mondo in cui lei vive, quello dell’arte. Conosco Alessandra da una vita: non vedo l’ora di presentarla anche a voi.

Alessandra nel “retro bottega” del suo negozio Punta D’Argento.

Alessandra Zini, nata il 26 marzo 1966, vive nel paesino di Novellara (RE), ma lavora nel centro storico di Reggio Emilia, dove hanno preso vita il suo negozio, Punta D’Argento e il suo studio d’arte. Da qui sorge subito spontanea la mia prima domanda.

Selenia: “Perché hai scelto il mestiere dell’artista, se così lo possiamo definire?”

Alessandra: “Puoi decisamente definirlo così! Al contrario di ciò che si possa pensare o di ciò che possono dire le persone, fare l’artista è un mestiere a tutti gli effetti. Gli artisti, come molti altri, hanno una partita iva, pagano le tasse ecc. Tutti credono che fare l’artista sia come seguire un hobby, ma non è così: è dedizione e sacrificio. Per quanto riguarda i miei “inizi”, io sono praticamente nata con la penna stilografica in mano e ho sempre disegnato. Vengo da una famiglia che mi ha sempre permesso di seguire la mia vocazione, perché l’arte è sempre stata presente. Mio padre e mia madre amavano la musica e la pittura, mio nonno suonava e insegnava violino e ho molti cugini dalla parte di mia madre che si dedicano alle arti, quindi io ci sono proprio cresciuta in mezzo.

Dopo l’Accademia delle Belle Arti e dopo quattro anni come restauratrice di dipinti, mi sono resa conto che avevo bisogno di qualcosa che fosse solo mio. Così mi sono inventata questo mestiere. Ho comprato tutta l’attrezzatura da un professore che andava in pensione e ho iniziato a produrre incisioni nella cantina della casa dei miei. Ho inaugurato il mio negozio il 1 giugno 1996 e lo studio d’arte nel 2008.

S: “Quindi per i tuoi genitori non è mai stato un problema che tu seguissi questa strada?”

A: “Assolutamente no. Io devo ringraziare tantissimo la mia famiglia, sono stati un supporto immenso. Mia madre non mi ha mai ostacolata, anzi, ma devo dire che il più grande aiuto e supporto l’ho ricevuto da mio padre. Non parlo di supporto economico, io sono piuttosto orgogliosa, ma mio padre mi ha sempre aiutata nei momenti più bui e prima che morisse, è sempre venuto qui in negozio tutti i sabati pomeriggio puntuale alle 16 per darmi le sue dritte. Lui è stato fondamentale perché quando ho aperto il negozio, io avrei voluto fare solo le cose folli che facevo anche all’Accademia, ma mio padre mi ha mostrato quanto fosse importante avere dei buoni prodotti a livello commerciale, come le acqueforti con le immagini di Reggio Emilia, così da crearmi la mia nicchia di mercato.

S: “Per quanto riguarda la tua arte personale, se potessi descriverla in una parola, quale sarebbe?”

A: “Follia! Se potessi fare solo ciò che piace a me, sarebbe tutta un’arte folle! Ovviamente, sarebbe una follia un po’ tenebrosa, perché la mia passione principale sono le ombre. Vorrei poter sempre lavorare sul nero per poter estrarre un’immagine. Mentre giro e magari vedo l’ombra di un albero o di un gatto, guardando quell’ombra io riesco già ad immaginarmi uno dei miei personaggi. Ovviamente, la gente ama anche il colore, perciò io ho cercato di mantenere la mia natura, che è il bianco e il nero, inserendo qua e là dei colori, soprattutto freddi”.

Alessandra e una sua scultura.

S: “Hai dovuto compiere molti sacrifici per fare ciò che fai ora?”

A: “Quando ho iniziato non avevo nulla e non ho mai voluto chiedere ai miei di prestarmi dei soldi o di investire nella mia attività, volevo cavarmela da sola. Comunque, già dopo il primo mese di apertura nel ’96, il negozio si pagava da solo. Certo, bisogna dire che erano anni diversi, perché negli anni ’90 tutti potevano un po’ buttarsi e provare cose nuove o rischiose. Ad oggi, se qualcuno dovesse decidere di imbarcarsi in un’impresa folle come la mia, forse il risultato sarebbe diverso.

Comunque io ho dovuto aspettare fino al 2008 per poter aprire anche il mio studio e iniziare a produrre le cose che mi piacevano e fare mostre ed esposizioni, per potermi piano piano staccare da ciò che era solo la vendita al negozio. Mi sono aperta moltissime opportunità nel 2019 con un’esposizione internazionale a Siena, ma purtroppo il Covid ha fatto sfumare molte cose. Comunque sono tornata in contatto con alcune Gallerie che mi rappresentano e sto iniziando un nuovo percorso”.

S: “Hai progetti imminenti? Mostre o esposizioni in cui potremo vedere alcune delle tue opere?”

A: “Dunque, sicuramente ho intenzione di spingermi verso le gallerie d’arte estere. Ho alcuni rivenditori esteri collegati al mio lavoro al negozio, ma vorrei fare qualcosa fuori dall’Italia, in Europa ma anche altrove. Tuttavia, uno dei progetti che mi sta più a cuore, sarebbe realizzare una mostra “en plein air” in una villa, esponendo le mie sculture nel giardino. E’ un progetto ambizioso e i tempi sono lunghi, ma ci lavorerò”.

S: “A una persona che ha lavorato duramente come te faccio una domanda cruciale: hai mai pensato di mollare?”.

A: “Un sacco di volte! Il massimo è stato quando mi sono detta: “Basta, vado a lavorare come commessa in una libreria!”. Ho pensato tantissime volte di mollare tutto, ma sono momenti che passano in fretta, perché io sono abituata ad essere indipendente, a fare i miei orari e a non avere “padroni” sopra di me. Una volta sola ho lavorato per un famoso brand di abbigliamento qui a Reggio. Dopo una settimana di prova volevano confermarmi il lavoro ma io ho detto “Grazie davvero, ma sono io che non confermo!” e me ne sono andata!

I momenti di sconforto ti vengono quando mi ammalo e sono costretta a stare a casa. In questo modo il negozio rimane chiuso ed io continuo ad avere delle spese senza avere nessuna entrata. E non sono tutelata dallo Stato. Qui ogni mese mi devo costruire il mio stipendio e devo sempre reinventarmi, perché le gallerie vogliono sempre vedere gli ultimi tuoi lavori. Fortunatamente, io sono anche una persona che va abbastanza d’accordo con la tecnologia perché in questi anni anche i social media sono fondamentali per rimanere sulla cresta dell’onda. Io non sono brava a stare dietro ai post e alle storie, ma mi impegno per farlo, perché so che ne beneficerà il mio lavoro”.

Lo studio in via Gobbi, Reggio Emilia.

S: “Dato che si parla sempre più di parità di genere anche a livello lavorativo, puoi dirci se, a parer tuo, si è raggiunta questa parità nell’ambito artistico?”

A: “Purtroppo non sono sicura che si possa parlare di una vera e propria parità di genere neanche nell’arte. Non credo neanche che ci siano delle vere e proprie discriminazioni. Molto dipende dai galleristi che ti spingono e che supportano il tuo lavoro: più loro riescono a metterti in luce, più è probabile che tu venda qualcosa. Ci sono tantissime artiste donna famose, ma temo che la maggioranza sia sempre e comunque maschile. L’ho visto soprattutto nell’ambito della scultura, di cui mi sto occupando da qualche anno”.

S: “So che tu sei sposata, ma volevo chiederti: durante la tua vita, hai mai sentito le pressioni sociali del matrimonio o dell’avere figli?”

A: “Io sono sposata, ma non ho fatto il matrimonio in grande con tutti gli amici e i parenti. Io sono sempre stata contraria al matrimonio come istituzione e lo sono ancora tutt’oggi, ma visto che né io né Pelle (Paolo Pellini, il marito) eravamo più tanto giovani, nel 2017 abbiamo deciso di sposarci per tutelarci un po’.

Le pressioni delle altre persone su matrimonio e figli ci sono sempre state e le ho sempre sentite, ma io sono una persona che non le manda a dire a nessuno, quindi stroncavo spesso qualsiasi domanda con risposte assurde o ridicole. Io amo i bambini, mi piacciono molto, ma non ne ho mai davvero voluti per me. Così, quando gli amici o i famigliari mi chiedevano “Ma perché non fai figli? Non ne vuoi?”, io rispondevo con frasi come: “Ma chi ti dice che io possa averne?”. Oppure: “No guarda, figli niente perché sai, sia io che Pelle abbiamo anche altri partner”. Che sono tutte assurdità! Eppure, rispondere così mi permetteva di metterli tutti a tacere e magari di farli riflettere: e se facessero queste domande a persone che davvero non possono avere figli? La gente non pensa…”.

S: “So che hai letto qualche articolo del nostro blog. Che ne pensi dei temi che trattiamo e che riguardano principalmente la figura femminile con tutte le sue sfaccettature?”

A: “Ho letto qualche articolo e mi piace l’idea che ci sia un blog come questo, che possa parlare di vari argomenti a 360 gradi e con anche la giusta dose di ironia. Penso sia bello e sia giusto che ogni argomento, dal più serio al più frivolo, possa essere trattato anche attraverso un occhio ironico”.

Picture of Selenia Romani

Selenia Romani

Una risposta

  1. Bella intervista: interessante e frizzante. Si percepisce che l’ artista si è raccontata all’ intervistatrice senza filtri, con sincerità e ironia.

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