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I disturbi alimentari nella letteratura del Novecento

La letteratura ha spesso messo in mostra il complesso rapporto tra donne e nutrizione. Il legame tra affermazione dell’identità femminile e disturbi alimentari ricorre nelle diverse opere letterarie, insieme a quello tra nutrizione e comunicazione.

Infatti, in testi di questo tipo, per le protagoniste la nutrizione assume un significato metaforico: esprimono i propri sentimenti tramite il corpo ed il cibo. Questo è quanto scoperto da Francesca Calamita nel suo lavoro di ricerca letteraria sull’argomento.

La copertina del libro edito da Il Poligrafo, Linguaggi dell’esperienza femminile. Disturbi alimentari, donne e scrittura dall’Unità al miracolo economico, di Francesca Calamita (2015).

Infatti, in Linguaggi dell’esperienza femminile: disturbi alimentari, donne e scrittura dall’Unità al miracolo economico, sono molte le autrici citate che hanno utilizzato per le proprie protagoniste il corpo e il cibo come strumenti comunicativi. Tramite essi, le donne trovano dei mezzi alternativi di espressione ed affermazione della propria identità femminile. Inoltre, nella stessa ricerca, è emerso che questo modo improprio di usare il cibo e il corpo è comune sia alle protagoniste della letteratura delle scrittrici italiane, sia alle persone che combattono disturbi alimentari.

Per leggere storie che catturano i sintomi di disturbi alimentari, tratteggiando la complessità del rapporto femminile con la nutrizione, occorre riscoprire le opere delle tante autrici dimenticate dal canone letterario.

La letteratura del Novecento è caratterizzata da una certa discontinuità nel raccontare esperienze femminili di questo tipo. La riflessione sui temi relativi all’identità femminile, come il rapporto tra donne e nutrizione, varia in base al contesto storico-sociale di riferimento. In un solo secolo emergono diverse idee di femminilità nella cultura dominante, spesso in contrasto con le riflessioni dei primi movimenti femministi sul ruolo sociale della donna.

Lo stato di gaiezza del digiuno nel primo ‘900

Nel primo Novecento si assiste alla temporanea autonomia sociale delle donne e l’insorgere di un primo movimento femminista. Inoltre, dall’America giungono le nuove mode, che suggeriscono abiti più comodi e mettono i corpi più in vista.

Sibilla Aleramo, intellettuale e scrittrice, rappresentante del femminismo ante litteram, dopo il suo capolavoro Una donna, scrive un’opera epistolare, Amo dunque sono.

La copertina della prima edizione Mondadori di Amo dunque sono di Sibilla Aleramo

La protagonista, Sibilla, è costretta ad una lontananza fisica dall’amato Luciano. Per questo, scrive delle lettere in cui racconta del suo malessere emotivo, che la porta a nutrirsi con un solo pasto al girono. Il cibo, dunque, diviene veicolo di emozioni: rifiutarlo, scatena nella protagonista ciò che viene definito uno stato di gaiezza . In questa correlazione, si trova una conferma di quanto teorizzato da Calamita: alla fame d’amore corrisponde l’inappetenza del cibo. Il digiuno è un modo disfunzionale di relazionarsi con l’amato, ma anche per comunicargli il suo amore.

Il sogno della magrezza nel regime fascista

La riflessione su questi temi subisce una brusca battuta d’arresto con l’avvento del fascismo. Il regime sottopone i libri alla censura, affinché anche gli ideali sulla femminilità e il ruolo delle donne rispondano alla cultura fascista. Come racconta Victoria de Grazia in La donna nel regime fascista, in quegli anni la donna torna a ricoprire il ruolo tradizionale di moglie e madre. L’ideale di corpo femminile dominante è formoso e sano, adatto ai lavori di casa e alla procreazione.

Wanda Bontà, scrittrice di grande successo all’epoca, pubblica vari libri approvati dalla censura fascista: l’opera più famosa è Signorinette, a cui seguirà il sequel Le Signorinette nella vita. Nel primo libro, si accenna ai problemi alimentari di due delle protagoniste: Paola e Iris.

La copertina della prima edizione Mursia di Signorinette di Wanda Bontà.

Paola è una ragazza curvilinea, ossessionata dalla sua linea: soffre per il suo peso e ha paura del giudizio altrui sul suo fisico. Vuole dimagrire per essere finalmente accettata dagli altri: tale ostinazione la porterà a non nutrirsi più adeguatamente. In concomitanza con la scorretta alimentazione, insorge una non precisata malattia, che peggiora la sua salute fino alla morte.

Iris è una ragazza filiforme e inappetente. Rifiuta spesso il cibo o ne assaggia solo piccoli bocconi; accetta solo alcuni alimenti da lei definiti sani e non mangia cibi troppo elaborati. Inoltre, viene descritta sempre malinconica e instabile emotivamente.

Nonostante il differente contesto storico-sociale, anche nel romanzo di Bontà si ritrova conferma di quanto teorizzato dalla ricerca di Calamita: entrambe le protagoniste esprimono il proprio malessere tramite il rapporto con il corpo ed il cibo.

Il diario di ricette di fine Novecento

Con la ritrovata libertà di parola, le scrittrici tornano a riflettere più esplicitamente sulle tematiche femminili, grazie anche alla forza della seconda ondata femminista. Nonostante ciò, si troveranno comunque a vivere un conflitto tra l’ideale di donna ereditato dal passato e quello nuovo che va nascendo con il grande Boom Economico degli anni ’60 e va via via modificandosi con le contestazioni del’68. A questo punto, secondo Calamita si crea una dicotomia tra l’ideale corpo femminile delle donne e quello degli uomini. Infatti, se le prime desiderano un corpo filiforme, i secondi continuano a sognare la donna formosa. La televisione crea un nuovo canale di diffusione del modello del corpo femminile.

Clara Sereni è una scrittrice di successo e intellettuale del femminismo che chiude il secolo. Nel 1987 pubblica l’opera Casalinghitudine. Lo stile di questo romanzo ricorda quello del ricettario: il cibo diventa un termine esplicito di narrazione, attorno a cui ruotano le vicende della protagonista. Dunque, esso si fa linguaggio e costituisce lo stile stesso del libro.

La copertina della prima edizione Einaudi di Casalinghitudine di Clara Sereni.

L’io della ricetta è lo stesso dell’io della protagonista-scrittrice: la prima persona delle ricette convive, a volte in conflitto e a volte no, con quella della scrittura diaristica.

Inoltre, l’utilizzo del cibo come vettore di emozioni e di messaggi conferma anche questa volta quanto scoperto in Linguaggi dell’esperienza femminile: i piatti preparati sono uno strumento empatico e comunicativo. La relazione della protagonista con il cibo riflette le stesse dinamiche complicate del suo rapporto con il padre. Infatti, mangiare per loro è spesso motivo di conflitto. In quest’opera di fine secolo, Sereni utilizza esplicitamente il termine anoressia.

Conclusioni

Le scrittrici del Novecento, descrivendo il rapporto delle protagoniste delle loro opere con il corpo ed il cibo, raccontano i disturbi alimentari femminili con sfumature differenti. In base al contesto storico-sociale in cui scrivono, tratteggiano atteggiamenti simili a quelli delle donne con disturbi alimentari reali.

Aleramo, Bontà e Sereni delineano i rapporti tra donna e nutrizione: la stretta correlazione tra corpo, cibo e comunicazione individuata da Calamita, consente di andare alla ricerca del tema dei disturbi alimentari nell’iceberg sommerso delle scrittrici italiane, aprendo la strada ad una ricerca letteraria ancora tutta da scoprire.

Fonti primarie:

Francesca Calamita, Linguaggi dell’esperienza femminile: disturbi alimentari, donne e scrittura dall’Unità al miracolo economico, Il Poligrafo, 2015.

Victoria de Grazia, Le donne nel regime fascista, Marsilio, 1993.

Fonti secondarie:

Catharina Langendorf, Gli ingredienti dell’io. Uno studio su Casalinghitudine di Clara Sereni, 2019.

Federico Pellizzi, Casalinghitudini tra identità e storia: La scrittura pluristratificata
di Clara Sereni
in Scrittori italiani di origine ebrea ieri e oggi: un approccio generazionale, a cura di Raniero Speelman, Monica Jansen & Silvia Gaiga, ITALIANISTICA ULTRAIECTINA 2, Utrecht Publishing & Archiving Services, 2007.

Anna Suadoni, EL ROSA PEDAGOGICO ITALIANO E LA PRIMERA MITAD DEL SIGLO XX: LAS SEÑORITAS DE WANDA BONTÀ. (The pedagogical purpose in romance novels during the first half of the 20th Century: Wanda Bontà’s “Signorinette”), Estudios Románicos, Vol. 28, 2019.

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Maura Catania

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