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DIRITTI DELLE DONNE: UN’ EVOLUZIONE

L’ evoluzione dei diritti delle donne, nella storia, non ha seguito lo stesso ritmo e percorso di quelli dell’ uomo, europeo e borghese. Tuttora si può dire che si stanno sperimentando nuove forme di compatibilità tra le revindicazioni di genere e una società che sia pronta ad accoglierle dignitosamente.

Lo scopo di un diritto, si rammenti, è sempre quello di ottenere il meglio per la dignità dei singoli, rendendo possibile, allo stesso tempo, il meglio per la collettività.

“Compatibile” dalla raccolta Marea. Dipinto acrilico su tela dell’ artista e attivista vicentina Erica Rodighiero

IL DIRITTO DI …

Diritti si possono definire come strumenti di cui un essere umano dispone in un determinato periodo storico e con i quali riesce a esercitare o creare una propria sfera di libertà, la sua originalità, in una società che lo accoglie come membro formalmente uguale agli altri. 

Il diritto è, nella civiltà occidentale, lo strumento con cui individui o gruppi sociali rivendicano le loro sfere d’ azione e di influenza nella vita pubblica; segnano i confini tra ciò che si può e ciò che non si può fare nella vita associata…in una realtà in cui il problema di come mettere a proprio agio la propria individualità nella dimensione della collettività, deve sempre trovare risposte diverse.

Il diritto ha bisogno di passare attraverso una particolare gestazione per poter acquistare la sua concretezza ed essere lo strumento di giustizia di cui individui e società possono avvalersi per la convivenza,nel rispetto del singolo e dell’intera comunità. Questa elaborazione si ritiene perlopiù essere scandita in queste quattro principali fasi:  

Dichiarazione: la sua prima affermazione concettuale in Carte, Costituzioni, o altri documenti ufficiali. Il suo concepimento avviene nel momento in cui si esprime la volontà della sua esistenza. Attuazione: avviene tramite le leggi, il lato del diritto. Tramite le norme giuridiche che predispongono obblighi, divieti e procedure. Giustiziabilità: la predisposizione di norme, istituzioni che permettono ad un soggetto di chiedere il sostegno di un organo pubblico nel caso in cui ritenga che un suo diritto sia stato leso. Effettività: Ogni tappa non implica di fatto la sua sccessiva. Anche se corredato di tutte le norme e le istituzioni necessarie, anche se giustiziabile, un diritto può essere ineffettivo, nel senso che le norme che lo dichiarano attuano, garantiscono e dispongono non producono effetti.

FEMMINISMO

Eppure il femminismo, sin dai suoi più pallidi albori, non è un magma indefinito in cui convergono univocamente tutte le rivendicazioni di genere. Le donne, nella storia, hanno più o meno sperimentato a pieno tutti i loro desideri e possibili modi di essere. Desideri, quindi, diversi da ciò che esigeva un vetusto ordine economico e politico, prima ancora che sociale e religioso.

Sono tutte forme di sovversione rispetto a un millenario ordine sociale e di una mentalità che ha trascinato con sè le sue propaggini anche in tempi più recenti. Aldilà, cioè, dei confini stabiliti dal diritto occidentale e internazionale. Che tende a manifestarsi tuttora in forme più subdole.

La linea che da sempre ha segnato il confine tra la sfera di azione dell’ uomo e della donna è quella che divide la sfera pubblica e la sfera privata della convivenza civile. La prima, affidata all’ uomo, è la vita del lavoro retribuito, del successo, che fa la storia. La seconda, in cui era rilegata la donna, ad eccezione di poche privilegiate, è la vita dietro le quinte, non retribuita. La vita di chi si prende cura del nascere dei bambini, del morire degli anziani, delle cure domestiche e, qualche volta, di piacere all’ uomo.

Ma attenzione: oggi l’ uomo che non parla con i figli o che non investe nel legame affettivo della sfera privata, non è solo un uomo con i suoi limiti, bensì l’ erede, talvolta ignaro, della millenaria tradizione di un uomo padrone. Padrone, servo però della politica segregazionista che rilega alla donna il ruolo della sfera privata, senza lucro, e all’ uomo, quello del successo, della carriera e dell’ intraprendenza.

Femminismo liberalista vs femminismo socialista

Le prime femministe hanno cominciato a reclamare gli stessi diritti che chiedevano gli uomini. Per primi arrivarono i diritti sociali: i primissimi titolari dei diritti sociali, infatti, prima ancora dei diritti civili e politici, venivano riconosciuti alle donne in quanto membri di una categoria più debole e svantaggiata (insieme ai bambini e gli anziani). Ora che abbiamo ottenuto quasi tutto quello che hanno avuto gli uomini, ci accompagna un’ altra domanda: vogliamo ancora solo ciò che ha voluto l’ uomo finora, (femminismo liberale) o vogliamo tutti, sia uomini che donne, una società diversa, e siamo accomunati dal nemico comune del sistema capitalista? (femminismo socialista). Queste le due correnti principali di femminismo che si sono radicate nel corso del ‘900.

ERE DELLE RIVENDICAZIONI DI GENERE

Giusnaturalismo, giuspositivismo e universalismo. Sono tre macro tappe storiche che il diritto ha vissuto e la cui evoluzione ha accompagnato l’ essere umano in vari momenti della sua civilizzazione.

I diritti umani nascono in seno al giusnaturalismo, e sono un diritto naturale, universale ma astratto. Si affermano, invece, nel giuspositivismo. Ciò attraverso un procedimento che li obbliga quasi a negare momentaneamente le loro origini, segnando la rottura della dipendenza del diritto positivo dal diritto naturale. È questa la seconda fase della storia dei diritti, in cui l’ affermazione dei diritti dell’ uomo acquista concretezza nella legge umana ma perde universalità, dal punto di vista dei titolari a cui viene riconosciuto. È anche all’ interno di questa fase, d’ altronde, che nasce anche solo l’ ipotesi e le prime timide affermazioni di diritti delle donne.  I diritti ora sono protetti, ma valgono solo nell’ ambito dello Stato che li garantisce.

Decade il giuspositivismo e nasce un nuovo giusnaturalismo, universale ma concreto. Le protezioni dei diritti esistenti si rendono insufficienti perchè non ancorate a un contenuto. Ciò avvenne in corrispondenza dell’ evento culminante del XX secolo, la II guerra mondiale. Essa, infatti, sancì la fine di una società che si era fondata sul diritto giuspositivo, concreto ma particolare in termini di soggetti titolari.

DALL’ UGUAGLIANZA GIURIDICA

Nel XIX secolo, il secolo della positivizzazione dei diritti, nell’ ottica della filosofia politica, accanto allo sviluppo giuridico sempre più articolato dei diritti, emersero, anche se sporadicamente, voci di donne che rivendicavano la loro inclusione alla sfera pubblica della vita associata, di cui diritti civili, politici e sociali sono strumento d’ accesso.

Prima fra tutte di questo filone fu Olympe De Gouges. È sua la “traduzione” della Dichiarazione dei diritti dell’ uomo e del cittadino (1789), in Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Con quest’ opera scardina uno per uno gli infissi di un diritto la cui titolarità veniva assegnata esclusivamente all’ uomo.

Mary Wollstonecraft. Non fu sola, all’ epoca di una Inghilterra più pronta, rispetto a tante altre nazioni,
ad accogliere le istanze femministe. Vanno ricordati, insieme a lei, un gruppo di pensatori riformisti, tra i quali Thomas Paine, Jeremy Bentham, James Mill, John Stuart Mill.
Un valore fondamentale che accomunava e caratterizzava gli autori del radicalismo filosofico inglese,
infatti, era proprio quello della necessaria affermazione di una eguaglianza dei diritti delle donne
e degli uomini.

AL DIRITTO ALLA DIVERSITÀ

Una variazione di rotta caratterizza i movimenti femminili della seconda metà del Novecento. Si afferma la percezione dell’ insufficienza dell’ uguaglianza giuridica. La legge da sola non è abbastanza forte di fronte a una cultura in cui discriminazione e oppressione sono radicate nella società.

La CEDAW (Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women) adottata dalle Nazioni Unite nel 1979, è il documento che per primo sancisce l’ internazionalizzazione dei diritti delle donne, prendendo atto della continua discriminazione di cui le donne continuano ad essere vittime, nonostante la parità giurdica.

L’ insufficienza della parità giuridica.

Già in quell’ epoca ci si cominciò a rendere conto che il principio della parità di trattamento, a cui si appellavano le riforme giuridiche basate sull’ uguaglianza formale, rischiava di produrre anche effetti negativi, se non si teneva conto della diversità di condizioni di vita delle donne (risorse economiche di partenza, rapporti di potere all’ interno della famiglia o anche dell’ accesso a cure di carattere ginecologico).

Tuttora, l’ accesso al mondo del lavoro e della politica fa emergere le difficoltà reali di un confronto su strutture istituzionali e culturali costruite nei secoli dagli uomini. L’ adeguamento a modelli maschili sno costi che discriminano più pesantemente. Se i tempi di lavoro sono stabiliti da un’ organizzazione che prevede la moglie a casa, le donne che non hanno un partner a casa o che non hannno accesso a cure ginecologiche, fanno molta più fatica o rinunceranno al lavoro fuori casa.

Insomma, non ci basta essere uguali giuridicamente e formalmente. Ci serve uguale rispetto che possa onorare ll nostre differenze, senza che queste possano rappresentare motivo di ostacolo per la vita in società. Una dignità per via delle differenze e non nonostante le differenze. Differenze che siano anche una bellezza e non motivo di apartheid per categorizzare gli esseri umani.

Di: Benedetta Breggion

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Benedetta Breggion

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